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La curiosa origine dell'espressione "vittoria cadmea"

La curiosa origine dell’espressione “vittoria cadmea”

«È vero che la buona educazione procura anche vittorie, ma non sempre una vittoria procura una buona educazione. Molti, infatti, sono diventati arroganti per le vittorie riportate in guerra, e per questo sono stati sopraffatti da infiniti mali. Perciò, se l’educazione non è mai stata la causa di una vittoria cadmea, molte vittorie militari sono state tali e lo saranno ancora».

Avete appena letto un estratto delle Leggi, l’ultimo sforzo filosofico-letterario di Platone. Come si può ben intuire dal tono, le parole del filosofo appaiono più come un monito che una massima dall’essenza retorica. Il termine chiave dell’estratto si trova alla fine: vittoria cadmea. Che cosa intende Platone e perché un simile adagio dovrebbe destare la curiosità dei lettori?

La curiosa origine dell'espressione "vittoria cadmea"

Gli antichi Greci definivano cadmea una vittoria ottenuta a carissimo prezzo; un traguardo raggiunto solo dopo aver affrontato difficoltà e sofferenze pari a quelle del contendente sconfitto. In italiano l’espressione è associabile alla famosa “vittoria di Pirro” di cui tutti conosciamo il senso. Ma quando Platone parla di vittoria cadmea lo fa in relazione ad un mito. Le varie interpretazioni del medesimo affermatesi nel corso dei secoli hanno generato una varietà non indifferente di ipotesi sulla nascita del detto.

La prima supposizione è direttamente legata alla fondazione della città di Tebe, capitale della Beozia. Il fondatore fu il mitico Cadmo, figlio del sovrano fenicio Agenore. Il principe seguì le indicazioni dell’oracolo di Delfi le quali suggerivano si seguire una vacca fino a quando questa non si fosse fermata. In quell’esatto punto sarebbe sorta la città e Cadmo, per sacralizzare l’atto, avrebbe dovuto offrire in sacrificio l’animale. Quando si preparò a farlo, i suoi compagni furono sterminati da un drago a guardia di una sorgente di acqua vitale. La reazione di Cadmo fu istantanea, perché riuscì ad uccidere il drago, salvo scoprire come la creatura fosse sacra ad Ares, il dio della Guerra.

vittoria cadmea Cadmo e il drago

Ares andò su tutte le furie, perciò Cadmo per placare l’ira divina seminò i denti del drago, dai quali spuntarono dei guerrieri: i cosiddetti Sparti (“seminati”). Purtroppo questi uomini dallo spirito guerriero diedero vita ad una lotta per il potere che falcidiò l’intero gruppo. I pochi che sopravvissero aiutarono finalmente Cadmo a fondare la rocca di Tebe, detta rocca Cadmea. In questo senso vittoria cadmea: Cadmo ottenne il risultato sperato (la fondazione della città) ma ad un costo esorbitante (la quasi totale perdita dei compagni).

Un altro episodio da cui potrebbe esser scaturito il proverbio riguarda la lotta fratricida tra Eteocle e Polinice, discendenti di Cadmo, per il possesso di Tebe. In breve, sette eroi argivi fedeli a Polinice assediarono le mura di Tebe. L’atto ostile sfociò in una vera e propria guerra, con danni elevatissimi riportati da ambo le parti. Il culmine fu tuttavia il duello tra i fratelli pretendenti al trono, conclusosi con la morte di entrambi. A spuntarla fu la fazione di Eteocle, ma con perdite esagerate e difficilmente risanabili. Anche in questo caso si parla di vittoria cadmea. Il racconto della mitologia greca ispirò Eschilo per la tragedia I Sette contro Tebe.

vittoria cadmea fratelli Eteocle e Polinice

Plutarco asserì come quest’ultima fosse la vera origine dell’espressione proverbiale. In uno scritto ribadì: «Gli antichi definivano vittoria cadmea, in quanto turpe e miserrima, quella dei due fratelli davanti a Tebe».