Mentre tutti i bambini cercavano di sfuggire all’orrore della guerra, una minuscola ed esile figura correva verso di loro, cercando di immortalare quei ripugnanti momenti di panico, di rassegnazione e inevitabile sconforto. Impugnando una macchina fotografica Lo Manh Hung catturò in immagine alcuni degli scenari più iconici della guerra in Vietnam. Fin qui nulla di strano, se non per il fatto che non vi fosse quasi nessuna differenza d’età fra lui e i giovanissimi che da quel conflitto intendevano affrancarsi.
Lo Manh Hung è un nome che ai più non dice nulla, ma la sua storia è quantomeno meritevole di un accenno. Nel 1968 fu probabilmente il fotoreporter di guerra più insolito a vagare per le strade di Saigon.
La vicenda del ragazzino classe 1956 non inizia sul campo di battaglia, ma nella camera oscura di suo padre, anch’egli fotografo. Fu all’interno dello studio fotografico che Hung prese dimestichezza con i dettami della luce e dell’ombra, con il suono secco dell’otturatore in azione.
Il Vietnam in quegli ultimi anni del decennio ’60 era divorato dalla guerra; gli spunti per un fotografo non mancavano di certo. Affianco al padre, il giovane apprendista girò in lungo e in largo la capitale del sud. Una piccola statura che lo avvantaggiò rispetto alla “concorrenza” formata da soli adulti: Lo Manh Hung riusciva ad infilarsi in vicoli stretti, passare fra le macerie, accedere ad angoli adatti allo scatto perfetto.
L’essere un dodicenne dotato di una tenacia fuori dal comune comportava pure dei rischi. Le autorità lo fermavano una volta sì e l’altra pure: cosa caspita ci fa un ragazzino in una situazione così critica? Chissà quante volte se lo saranno chiesti i poliziotti di Saigon o i soldati che da un momento all’altro si vedevano spuntare il bambino munito di casco, pettorina targata PRESS, borsa contenente le credenziali del padre, una macchina fotografica e un coraggio sensazionale.
Il piccoletto si fece un nome durante l’offensiva del Têt, scatenata dall’esercito nordvietnamita e dai Viet Cong contro delle truppe nordamericane e sudvietnamite nel gennaio del 1968. Spesso i soldati dell’ARVN riportavano l’avvistamento del ragazzino intento a seguirli negli scontri che avevano luogo fra le arterie principali di Saigon. Ottenuti gli scatti desiderati, Lo Manh Hung li vendeva al miglior offerente, spesso notiziari locali o testate internazionali. Così per mesi provvide al sostentamento della famiglia.
Incredibilmente il 12enne sopravvisse alla guerra e ancora in giovane età emigrò negli Stati Uniti d’America. Del prosieguo della sua vita non si sa moltissimo: le uniche informazioni reperibili in rete affermano che negli anni ’70 ha trovato sistemazione in California. Sembra che nella città di San Francisco abbia aperto uno studio fotografico. Nel 1998 ha concesso un’intervista a Horst Faas, ex fotografo per l’AP, in cui ha raccontato la sua storia, subito divenuta di dominio pubblico.