Storia Che Passione
Norman Rockwell il problema con cui tutti viviamo

Norman Rockwell: “Il problema con cui tutti viviamo”

A metà del XX secolo il movimento per i diritti civili diede il via ad una trasformazione pressoché radicale in seno agli Stati Uniti d’America. Un processo volto a smantellare l’odiosa e latente discriminazione razziale. Volti come quello di Martin Luther King o Rosa Parks hanno fatto la storia del movimento, ma non per questo bisogna far passare in ombra l’attivismo di altri esponenti degni di nota, uno su tutti: Norman Rockwell. L’artista si fece un nome prima degli anni ’60 per via dei suoi nostalgici ritratti della cosiddetta “middle America“, l’America del ceto medio. Nel 1964 la sua mutata visione artistica produsse un capolavoro dell’arte contemporanea, noto come Il problema con cui tutti viviamo. Questo vuole essere il racconto della sua gestazione, del parto e dell’impatto che ha avuto sulla società statunitense.

Norman Rockwell il problema con cui tutti viviamo

Anche se vorrei dedicare l’intero focus sull’opera, non è possibile avere una cognizione a 360° della medesima senza prima aver fornito qualche nozione biografica sull’autore. Il newyorkese Norman Rockwell, classe 1894, fin da giovanissimo manifestò tutti i tratti del predestinato. Coltivando un sopraffino talento artistico, a soli 18 anni iniziò a realizzare le prime copertine illustrate per la rivista Boys’ Life. Quattro anni dopo il grande salto, con l’ingresso nella redazione del Saturday Evening Post, rivista fra le più popolari dell’America del primo Novecento. Tenne calda la poltroncina dell’ufficio per ben 47 prolifici anni, in cui realizzò 322 iconiche copertine per il Post. Partivano tutte dallo stesso presupposto: la visione di un paese spensierato, immerso nella placida illusione della normalità, dell’ordinarietà.

il problema con cui tutti viviamo Norman Rockwell autoritratto

Ordinario“, questo l’aggettivo che accompagnò la produzione illustrativa di Rockwell in quegli anni. Ordinaria era la quotidianità dell’americano medio a cui parlavano i suoi disegni, ordinario doveva essere lo stile di vita di casalinghe, studenti e operai. Nel 1963 l’animo di Norman Rockwell subì una trasformazione radicale, che neppure lui seppe identificare in un primo momento. Lasciò il Saturday Evening Post e si accasò alla rivista Look, dal taglio molto più critico e meno quiescente. Il mondo di Rockwell cambiò perché il mondo attorno a lui era cambiato. Iniziò a dipingere concentrandosi su tematiche quali la giustizia sociale e la marginalizzazione.

Ora fate due calcoli; prendete in considerazione l’età in cui Rockwell effettuò questa transizione artistica. Già, un settantacinquenne che di punto in bianco capisce come il tempo delle passeggiate al parco, delle famiglie felici che vanno al cinema, dell’ottusità generale, è finito. Nel 1964 presenta al pubblico di tutto il mondo The Problem We All Live With, traducibile in Il problema con cui tutti viviamo. Si tratta di una critica di rottura, un inno al movimento per i diritti civili, l’abbandono dell’inattività morale.

il problema con cui tutti viviamo Ruby Bridges

Il dipinto non parte da un presupposto astratto, metafisico per i più facoltosi. La bambina che vedete al centro dell’opera, vestita di bianco, pronta per varcare la porta della scuola come suggeriscono righello, quaderno e matite, si chiama Ruby Bridges. Il nome forse vi dirà qualcosa. Fu la bambina di soli sei anni che nel 1960 ascoltò la sua prima lezione in una scuola per soli bianchi. Avvenne durante il periodo della desegregazione scolastica a New Orleans, di conseguenza sulle spalle della povera ragazza ricaddero insulti barbarici, minacce di ogni genere, sconclusionate maledizioni. Il governo USA ne prese atto e affidò a Ruby Bridges – il quale unico scopo nella vita era quello di andare a scuola come ogni essere umano dovrebbe fare in giovane età – una scorta composta da quatto sceriffi.

il problema con cui tutti viviamo Ruby Bridges adulta

Rockwell trasse ispirazione dall’evento e dipinse Il problema con cui tutti viviamo. È la semantica dell’immagine che suscita emozioni contrastanti, poiché alla spontaneità del gesto (quello di recarsi in un luogo pubblico) corrisponde l’esacerbazione della protesta, mossa da chi non sa relazionarsi col diverso, da chi chiude gli occhi e blatera slogan privi di ogni qualsivoglia fondamento scientifico, sociale e razionale. Il taglio netto della scena che il pittore ha voluto porre tra spalla e testa dei marescialli rende l’opera quasi più simbolica che concreta. L’odio e la tensione, seppur non espliciti, presenziano il quadro. Vedasi la scritta inneggiante al KKK o il pomodoro indirizzato alla comitiva.

il problema con cui tutti viviamo Obama osserva il dipinto

La bambina del quadro è l’attivista di settant’anni che ancora oggi lotta in nome della parità, volta ad eradicare dalla società il germe della discriminazione razziale. Su consiglio della Bridges, il dipinto del ’64 fu esposto alla Casa Bianca per pochi mesi nel corso del 2011, durante il secondo mandato di Barack Obama, primo e finora unico presidente nero della storia statunitense.