Almanacco del 29 dicembre, anno 1503: si decide il destino del Regno di Napoli nella battaglia del Garigliano, combattuta dagli eserciti spagnolo e francese. La vittoria dei primi sui secondi significò nell’immediato l’imposizione della propria autorità nel Mezzogiorno. Cosa che sul lungo termine si tramuterà in un assoggettamento – diretto o indiretto – di buona parte della penisola italiana. Per i francesi il Garigliano rappresentò al contrario una pesantissima batosta, una battuta d’arresto nei piani di conquista che qualche anno prima avevano spinto re Carlo VIII a compiere la ben nota “calata”.
Solo tre anni prima del 29 dicembre 1503, i sovrani d’Aragona e Francia, rispettivamente Ferdinando II e Luigi XII, con il beneplacito di papa Alessandro VI, sottoscrissero il trattato segreto di Granada. Una sostanziale spartizione del Regno di Napoli senza inutili spargimenti di sangue. Presto sorsero delle controversie sulle modalità della spartizione e l’accordo saltò, generando astio tra i contraenti. L’astio si tramutò in aperta ostilità già a partire dal 1501. Gli spagnoli si dimostrarono più caparbi ed ebbero la meglio sui francesi, che alla fine del 1503 controllavano solo alcune macchie di territorio nel meridione d’Italia. Alcune delle ultime piazzeforti battenti bandiera Valois-Orléans si trovavano a nord del fiume Garigliano, al confine tra le odierne regioni di Campania e Lazio.
Già in novembre gli eserciti si accamparono, separati dal fiume che in seguito darà il nome al celebre scontro. Nell’arco delle settimane si verificarono solo piccole scaramucce, con gli schieramenti guidati da Gonzalo Fernández de Córdoba (spagnoli) e Ludovico II, marchese di Saluzzo (francesi) che apparentemente volevano mantenere una situazione di precario equilibrio. A rompere gli indugi furono gli uomini del Gran Capitán (al quale la storiografia nostrana cinquecentesca si riferisce col nome Consalvo da Cordova). Al loro comando si poneva Bartolomeo d’Alviano, condottiero dalla rinomata fama.
L’avanguardia facente capo a d’Alviano si mosse nella notte tra il 27 e il 28 dicembre, causando il panico tra le fila francesi. Questi tentarono una ritirata ordinata, tagliando i ponti sul fiume. Gli spagnoli però furono rapidissimi nell’attraversamento e già nella mattina del 29 dicembre giunsero nell’accampamento nemico, che trovarono ovviamente desolato. In accordo con Gonzalo Fernández de Córdoba, d’Alviano ordinò di inseguire i francesi in ritirata verso Mola di Gaeta (oggi Formia).
La battaglia del Garigliano, sul quale la storiografia italiana filo-spagnola tanto ha scritto nei decenni del XVI secolo, ha fornito anche i presupposti per imprese dal carattere leggendario. Ed è quantomeno insolito che una delle imprese più celebri dello scontro riguardi un francese, anzi, il capitano delle armate transalpine, Pierre de Bayard, italianizzato ne “il Baiardo”. Secondo il racconto tradizionale, il Baiardo tenne a bada da solo gli spagnoli per due ore su un ponte. Il gesto eroico a quanto pare permise a molti suoi uomini di avere il tempo di ritirarsi in ordine.
Vano sarà il suo sforzo, tuttavia. Evidente ed innegabile fu la sconfitta subita dai francesi sul Garigliano. La resistenza a Gaeta non durò che pochi giorni e alla fine il marchese di Saluzzo trattò la resa per il Regno di Francia. L’anno successivo, nel 1504, col trattato di Lione, il meridione d’Italia sarebbe stato un’esclusiva questione spagnola. Lo rimase per altri due secoli.