Una recente ricerca ha dimostrato come la distocia, intesa come parto difficile, non sia una prerogativa umana. Questo perché pare che sia un problema anche degli scimpanzé, il che però ha un interessante risvolto. I risultati, infatti, dimostrano come i parti complicati potrebbero non derivare dall’evoluzione umana che ha dovuto trovare un compromesso fra la necessità di avere un cervello grande e un bacino stretto adatto alla deambulazione, concetto definito come “dilemma ostetrico”.
La distocia non deriva da una necessità dell’evoluzione umana?
Prima di tutto, cos’è il dilemma ostetrico? Si tratta di un concetto per il quale, secondo i biologi, i bambini con la testa più grossa hanno maggiori probabilità di sopravvivere all’infanzia. Per contro, però, le donne col bacino più stretto, per motivi di postura, sono sempre state le più favorite nell’evoluzione, non fosse che però hanno maggiori problemi di parto. Come si conciliano, dunque, le due tendenze evolutive? Da qui il nome di dilemma ostetrico.
Così come spiegato a Live Science da Nicole Webb, autrice principale dello studio (lo trovate pubblicato sulla rivista Nature Ecology & Evolution), i nostri antenati, cioè gli Australopitechi, erano già predisposti ad avere complicanze alla nascita, esattamente come quelle in cui incappiamo oggi. Il che vuol dire che, probabilmente, anche loro avevano bisogno di una qualche forma di assistenza durante il parto.
Lo studio ha scansionato digitalmente le ossa pelviche di 29 scimpanzè, generando poi dei modelli 3D. Analizzando le differenze fra le ossa pelviche di maschi e femmine, ecco che le femmine avevano canali pelvici più grandi e rotondi. Inoltre la parte superiore delle ossa dell’anca delle femmine era orientata in maniera diversa rispetto ai maschi.
Queste differenze indicano come sia sempre esistita una notevole pressione evolutiva per mantenere quella regione adatta alla gravidanza e al parto. Inoltre si è anche visto che negli scimpanzè esiste una “stretta aderenza cefalopelvica”, intesa come spazio fra il cranio del feto e il bacino materno. Tale spazio è molto piccolo negli scimpanzè, esattamente come succede negli esseri umani.
Negli esseri umani sappiamo che questa stretta aderenza è solitamente spiegata dal compromesso fra la necessità di camminare in posizione eretta, cosa che richiede un bacino più corto e largo, con canale del parto stretto e la necessità di partorire bambini con cervello grande.
Gli esseri umani sono in grado di partorire bambini con testa grande in parte anche grazie a una rotazione del feto durante le ultime fasi della gravidanza, che si gira nel canale del parto in modo da emergere poi con la testa. Ma gli scimpanzè non hanno teste grandi e neanche si muovono in maniera eretta come l’uomo. Dunque perché i tratti pelvici sono così similari?
Ci si chiede poi anche qualcosina sulle origini del dilemma ostetrico. Webb ha sottolineato come, alla luce dei risultati dello studio, il dilemma ostetrico non sia un adattamento al parte da parte di neonati con testa grande in quanto queste modifiche evolutive sono presenti anche in animali che non hanno teste grandi.
Forse si tratta di compromessi evolutivi graduali nel corso del tempo, magari gli scimpanzè, da questo punto di vista, stanno seguendo la strada umana. Quella, cioè, di neonati che nascono con cervelli che continuano a crescere anche dopo la nascita, altrimenti non riuscirebbero a uscire dal canale del parto.