Fotografia di John Thomson, Shanghai, 1870 circa. Un uomo condannato al “cangue“, una sorta di gogna cinese, è costretto a mendicare cibo. Dietro lo scatto di Thomson si cela più di una semplice storia inerente una punizione corporale. Palese è infatti la peculiarità di una cultura, quella cinese tardo-imperiale, aggrappata alle tradizioni di un passato apparentemente remoto eppure così vicino. Documentando persone, paesaggi e tratti culturali tipici, il fotografo scozzese si concentrò su dettagli “clamorosi” e “suscitanti scalpore” per gli europei del tempo. Tra questi vi era la pratica del cangue.
Cangue in realtà è un termine occidentale, perché i cinesi si riferivano a questa specie di gogna con il termine “jia” o “tcha” (枷 in caratteri tradizionali). Occidentale, si è detto, perché i primi a descriverne l’utilizzo furono i francesi, i quali definirono il dispositivo ligneo “cangue” prendendo spunto dal portoghese “canga”, ossia giogo. In effetti la punizione corporale in salsa orientale non era fin troppo dissimile dalla classicissima gogna a noi ben nota, con l’unica differenza che verteva sulla libertà di movimento per le mani.
Nello scatto di cui sopra, lo scozzese John Thomson immortalò un trasgressore condannato al cangue dalla contea di Shanghai. Le scritte sulla tavola di legno recitavano infatti “sigillato dal magistrato della contea di Shanghai”. All’aspetto prettamente giuridico se ne affiancava uno di carattere sociale: non indifferente era l’umiliazione pubblica alla quale si era costretti. Al tempo dell’Impero Qing, essere soggetti al cangue significava divenire “intoccabili” nel senso dispregiativo del termine. Differenti perché estranei alle regole. Il più delle volte il trasgressore doveva elemosinare il cibo per non morire di fame, come ci dimostra lo scatto del 1870 targato Thomson.
Punizione, umiliazione e costrizione. Al trittico andrebbe aggiunto anche “tortura“. Sì, perché altro non era, soprattutto per il condannato di bassissima estrazione sociale. Noterete il ritorno di diversi concetti già espressi in occasione dell’approfondimento sul lingchi (questo il frammento se interessati).
L’applicazione della pena qui analizzata subì variazioni (di carattere regolamentare) nel corso dei secoli. Farò qui di seguito un paio di esempi pratici:
- Il Grande Codice Legale Ming, pubblicato nel 1397, specificava che un cangue doveva essere fatto di legno stagionato e pesare 25, 20 o 15 jīn (dai 9 ai 15 kg) a seconda della natura del crimine in questione. Spesso la gogna era così grande che il prigioniero aveva bisogno di aiuto per mangiare o bere, poiché le sue mani non riuscivano a raggiungere la bocca.
- Nel XVII secolo la condanna al cangue assunse maggiormente i caratteri dell’umiliazione più che altro. La tipica tavola di legno divenne più leggera. Tuttavia, la punizione andò progressivamente prolungandosi nel tempo. Nonostante il generale “alleggerimento” della gogna, esistono casi documentati di uomini costretti a sorreggere cangue di 70 kg.
L’Impero Qing proibì il ricorso alla gogna cinese con i primi del Novecento. Grazie alla curiosità e allo spirito intraprendente di fotografi come John Thomson, ci restano scatti unici, per quanto oggettivamente crudeli, testimoni di un’epoca non poi così lontana come vogliamo credere o convincerci.