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Teorizzare l'apartheid: Hendrik Verwoerd

Teorizzare l’apartheid: Hendrik Verwoerd

Innegabilmente Hendrik Frensch Verwoerd ha rappresentato una figura cruciale per la storia recente del Sudafrica. Si direbbe “nel bene e nel male”, ma in questo specifico caso del bene non esiste traccia alcuna. Primo ministro sudafricano dal 1958 al 1966, universalmente ricordato come l’Architetto dell’Apartheid, è bene sottolineare come né lo inventò, né fu il primo ad implementarlo. Detto ciò, è a lui che bisogna imputare la più limpida teorizzazione dello “sviluppo separato delle comunità” e la sua glaciale attuazione, tanto intensa da trasformare il paese dalle tre capitali in uno Stato paria. Durante la sua carriera politica, milioni di persone sono state private di qualsivoglia diritto, dalla libertà d’espressione al voto. Verwoerd, complice un regime poliziesco a lui affine, ha trasformato la voce del dissenso – partitica e popolare – in un mero esercizio retorico. Come prevedibile, ha finito per crearsi tanti nemici. Cosa che gli costerà cara, anzi, carissima.

Teorizzare l'apartheid: Hendrik Verwoerd

La città di Amsterdam del nuovo millennio accoglie la nascita di Hendrik Verwoerd, l’8 settembre 1901. La sua famiglia è di estrazione medio-borghese. Ma se c’è una cosa che il piccolo Hendrik impara subito è che la religione è la colonna portante dell’intera vita di un essere umano e che, cascasse il mondo, gli inglesi hanno sempre torto. Forte di queste massime, nel 1903 la sua famiglia si trasferisce in Sudafrica. Crescendo con l’eco delle guerre anglo-boere, frequenta la scuola primaria a Città del Capo. Nel 1913 si trasferisce al seguito della famiglia in Rhodesia, dove eccelle negli studi. Tornerà in Sudafrica, precisamente nello Stato Libero dell’Orange. Qui completa gli studi ordinari e poi universitari, distinguendosi come uno dei più brillanti psicologi del paese.

Hendrik Verwoerd

Successivamente si trasferisce in Germania, dove lavora come psicologo e sociologo. Molto si è scritto e altrettanto si è detto su quanto le teorie pseudo-scientifiche con le quali Verwoerd è entrato in contatto nell’Europa del tempo hanno influenzato il successivo pensiero socio-politico del sudafricano natio dei Paesi Bassi. Ai soggiorni di Berlino, Lipsia e Amburgo segue quello britannico di Londra e quello americano. Nel diario che tiene con sé mette nero su bianco alcune delle idee fatte proprie durante questi anni di viaggio. Interessante, almeno in ottica futura, notare come negli appunti Hendrik Verwoerd non faccia mai menzione del criterio biologico per la distinzione dei gruppi razziali.

A tal riguardo propongo l’analisi dello storico tedesco Christoph Marx. Egli sostiene che le idee di Verwoerd non furono influenzate dall’eugenetica o dal darwinismo sociale su cui invece i nazionalsocialisti baseranno buona parte della loro ideologia razzista.

Hendrik Verwoerd mappa Sudafrica

Nel ’28 torna a casa, in Sudafrica, ma lo fa da sposato; sua moglie è Betsy Schoombie. Le credenziali accademiche accumulate all’estero giocano a favore di Verwoerd, che a stretto giro diventa preside della facoltà di psicologia applicata e psicotecnica alla Stellenbosch University, nonché professore di sociologia e assistenza sociale. A cavallo tra anni ’20 e ’30, Verwoerd entra nel magico mondo della politica sudafricana. Stringe amicizia con J.G. Strijdom, leader del Nasionale Party (Partito Nazionale, abbreviato in NP), partito di estrema destra nazionalista.

Nello stesso periodo inizia a scrivere per il giornale nazional-conservatore Die Transvaler, di cui poi diventa direttore nel 1937. La redazione è dichiaratamente ostile ai britannici, rappresenta la voce del nazionalismo afrikaner più ostinato e maggiormente religioso, con peculiari accezioni anticapitalistiche. Per via della linea editoriale mantenuta dal Die Transvaler, Verwoerd viene accusato di essere vicino alle posizioni dell’Asse in fase di costituzione. Gli anni della Seconda Guerra Mondiale sono di rafforzamento politico per il Partito Nazionale, che infatti nel secondo dopoguerra conquista la maggioranza.

Hendrik Verwoerd manifestazioni contro governo

Anno spartiacque della storia sudafricana è il 1948. Il Partito Nazionale sotto la guida di D.F. Malan scalza gli oppositori del Partito Unito del popolare Jan Smuts e sale al potere. La politica dell’apartheid, già in vigore anche se attraverso filtri moderati e ambigui, si espleta in tutta la sua crudele brutalità. Principale portavoce della “separazione” (traduzione letteraria di apartheid) è, per l’appunto, Hendrik Frensch Verwoerd.

Ora però è necessario, a mio parere, fornire un quadro esaustivo del pensiero segregazionista palesato da Verwoerd. Si deve giustificare in qualche modo il soprannome di “Architetto dell’Apartheid”, no? Fino alla metà del XX secolo una differenza sociale, economica e politica tra bianchi e neri è sempre stata più che manifesta. Hendrik Verwoerd semmai le ha donato una distorta legittimazione sociologica e filosofica laddove prima non esisteva. Utilizzo l’aggettivo “distorto” perché egli vedeva nell’apartheid una concreta opportunità di “armonico sviluppo autonomo” e non “vicendevolmente corrotto” tra le etnie. Alla teorizzazione così esplicata segue una concretizzazione delle disposizioni politiche.

Hendrik Verwoerd dipinto massacro in Sudafrica

Nel 1950 come Ministro degli affari nativi inizia a lavorare per l’attuazione delle leggi più severe inerenti la segregazione razziale. Provvedimento emblematico è l’istituzione dei cosiddetti Bantustan: ex riserve per comunità autoctone che dall’oggi al domani diventano entità autogovernate, formalmente autonome ma de facto strettamente dipendenti dal governo centrale bianco. Per via di questa disposizione in Sudafrica a partire dagli anni ’50 si assiste ad una migrazione interna forzata mai sperimentata prima. Città come Newclare, Martindale e Sophiatown si svuotano, mentre baraccopoli come Soweto, a sud-ovest di Johannesburg, diventano centri sovrappopolati caratterizzati dalla miseria, l’indigenza e la precarietà quotidiana.

In qualità di responsabile per l’educazione dei nativi, Verwoerd tenta di limitare al massimo il livello di istruzione per i neri. Per intenderci, lo standard richiesto – oltre il quale la scuola diviene un superfluo, costoso e sconveniente passatempo – si attesta sulla basilare capacità di calcolo e su un primario livello di alfabetizzazione. All’origine di ciò vi è la convinzione radicata nella classe politica bianca che i neri servano solo come manodopera non specializzata.

Hendrik Verwoerd protesta anti apartheid

Nel 1958 Hendrik Verwoerd diventa Primo ministro del Sudafrica. Ricoprendo la massima carica del suo paese, può finalmente dare sfogo a quell’aspetto quasi dogmatico della sua personalità. Ricordate gli insegnamenti metabolizzati da bambino? Ecco, appunto, l’odio per l’Inghilterra porta il Sudafrica all’espulsione dal Commonwealth nel 1961. Ma la politica estera è solo una cornice trascurabile se paragonata al deterioramento della condizione sociale interna. Le ricadute sistemiche dell’isolazionismo voluto dai vertici sudafricani riguardano soprattutto la popolazione, quella più povera e marginalizzata. Man mano che l’apartheid si indurisce, le condanne internazionali si fanno più aspre. Il regime per reazione diventa più brutale ed oppressivo.

Il malcontento cresce a livelli esponenziali e qualcuno decide di lanciare un messaggio forte e chiaro. Il 9 aprile 1960, mentre il premier tiene un discorso alla folla al Milner Park di Johannesburg, un uomo d’affari inglese di nome David Pratt estrae la sua calibro 22 e spara due colpi. Un proiettile passa a bruciapelo sul volto di Verwoerd. L’altro colpisce guancia e orecchio del Primo ministro. I tribunali giudicano Pratt mentalmente infermo, spedendolo in manicomio. Verwoerd se la cava con due mesi di riposo. Sei anni dopo il destino presenta nuovamente il conto all’Architetto dell’Apartheid. Quest’ultimo si vede costretto a pagare un carissimo prezzo: la sua vita.

Hendrik Verwoerd su rivista Time

Il 6 settembre 1966, mentre entrava nella House of Assembly a Città del Capo, Verwoerd viene aggredito dall’attivista comunista greco-mozambicano Dimitri Tsafendas, che lo pugnala fatalmente quattro volte al petto e al collo. Dirà di aver attentato alla vita del premier nella speranza “di un immediato e radicale mutamento nella politica sudafricana”. Purtroppo per milioni di uomini e donne le sue speranze non troveranno soddisfazione. Sebbene non abbia dato il via all’apartheid, le politiche di Verwoerd lo hanno consolidato oltre modo. Sotto la sua guida, una nuova era di traumi si è abbattuta sul popolo sudafricano non bianco. Un’era conclusasi nel 1994 ma dei quali strascichi ancora oggi si sente parlare.