Fotografia di Man Ray, Parigi, 1924. La modella Kiki de Montparnasse posa nuda per uno scatto destinato a riscrivere la storia dell’arte fotografica. Le Violon d’Ingres, un corpo sinuoso, l’apposizione dei fori ad F tipici del violino, il connubio tra pittura e fotografia. Questi sono solo alcuni degli elementi che rendono così iconica la fotografia del 1924, emblema straordinario di un’agognata mondanità, ricercata fino all’ossesso dall’autore.
Man Ray fu un artista multiforme, poliedrico, capace di distinguersi nella pittura, nel cinema e nella scultura, così come nella fotografia. Ogni forma che la personale volontà espressiva poteva assumere era degna dell’interesse di Emmanuel Radnitzky, in arte Man Ray. È impossibile ricordarlo senza tirare in ballo la sua creatura più originale e affascinante, dal nome evocativo: Le Violon d’Ingres. Realizzato nel 1924 grazie alla collaborazione della modella e musa Kiki de Montparnasse, anche questo nome d’arte per Alice Prin, il fotogramma dei record è oggi esposto nel Musée National d’Art Moderne di Parigi.
Lo scatto fotografico è un simbolo della mondanità parigina tipica di quegli anni, della sregolatezza dei ruggenti venti. Un richiamo alla natura umana più irrazionale; l’El Dorado che Man Ray ricercò sin dai primi passi della sua carriera artistica. Nato pittore a Philadelphia, convertitosi al pluralismo artistico in quel di New York, affermatosi internazionalmente a Parigi. Nella Grande Mela Ray subì l’influenza di Alfred Stieglitz, uno che da tempi non sospetti cercava di far combaciare fotografia e pittura. Così Man Ray apprese e replicò, con il suo tratto distintivo ovviamente. Il percorso iniziato nel 1914 all’insegna della fotografia avanguardista (dadaismo in particolar modo) andò incontro alla consacrazione nel 1921, quando la Ville Lumière notò la purezza del suo talento.
Fama e denaro lo raggiunsero. Il fotografo americano si trasferì dunque a Montparnasse, cuore pulsante dell’estroversa arte parigina, europea, mondiale. Il luogo perfetto per fare incontri di un certo tipo: ad esempio Alice Prin, per tutti Kiki. La rinomata modella stregò Man Ray, il quale fece di quella personalità la sua musa ispiratrice, la sua ragione artistica, amante e protagonista dei suoi lavori più riconoscibili. La schiena, le braccia nascoste dai contorni del corpo, l’elegante turbante su quel capo posizionato a tre quarti, fortune di proprietà di Kiki de Montparnasse.
Ne Le Violon d’Ingres la protagonista mostra tutto e non mostra niente. Il soggetto femminile lascia intendere, ma non svela. Seduta su quello che sembra essere un letto, non si scorgono le gambe, eppure l’occhio ha il suo bel da fare. Seguire il tessuto che poggia delicatamente sui fianchi permette di notare la “chicca” che rende speciale la fotografia. Quelle effe del violoncello altro non sono che i fori di risonanza realizzati utilizzando la china. La carne si fa melodia, ipnotizzando lo spettatore. La luce fa il resto: grazie ad uno sfondo opaco risalta la lucentezza della pelle, creando un effetto ancor più seducente.
Man Ray non inventò nulla da zero, ma si ispirò – come poi avrà modo di svelare – a due opere pittoriche del passato. Bagno Turco e La bagnante di Valpinçon, tele nate dal pennello di Jean-Auguste-Dominique Ingres. Il riferimento etimologico appare chiaro. In quegli anni era consuetudine affermare come un “Violon d’Ingres” fosse uno specifico hobby (esempio: il giardinaggio è il mio Violon d’Ingres; n.d.r.).
La prima rivista a pubblicare la fotografia del 1924 fu Littérature di André Breton, nel giugno di quello stesso anno. Da lì il successo universale: tutti ne parlavano, chi in termini entusiastici, chi gridando allo scandalo. Col trascorrere dei decenni la carica artistica ha prevalso sull’indignazione degli ottusi. Di recente la fotografia è tornata agli onori della cronaca: nel 2022 è stata battuta all’asta per la modica cifra di 12 milioni di dollari. Si tratta di un record, mai nessuna fotografia aveva raggiunto un simile valore monetario.