Solamente l’anno scorso era stata ritrovata l’Endurance, la nave (meglio, il relitto) di Shackleton affondata durante la sua sfortunata spedizione nell’Antartico. Ebbene: adesso delle scansioni in 3D hanno svelato alcuni sorprendenti e inattesi dettagli sul relitto.
Novità dal relitto dell’Endurance
Le immagini in questione arrivano dal Falklands Maritime Heritage Trust e permettono di vedere da vicino questa sfortunata imbarcazione. Lunga 44 metri, dal 1914 era rimasta nascosta sotto i ghiacci e le gelide acque del Mare di Weddell.
Dalle foto e dalle scansioni in 3D si vede che l’albero e alcune ringhiere sono caduti. Nonostante questo, però, alcune sezioni del ponte superiore sembrano essere miracolosamente intatte. In alcune parti si vedono piatti e altre stoviglie sparsi sul ponte, mentre un singolo stivale giace fra il sartiame crollato.
Attraverso i detriti si vede parte del vecchio pavimento in linoleum, decorato con un motivo a stella. Altre immagini le troverete nel documentario che sarà svelato in anteprima assoluta il 1 novembre (il 1 novembre su National Geographic e il 2 novembre su Disney+ e Hulu) e condotto da Dan Snow. Il trailer del documentario parla del “più grande racconto di sopravvivenza della storia umana, ma anche di una storia di fallimento”.
Che, a ben vedere, riassume perfettamente la fine dell’Endurance. Shackleton e il suo equipaggio erano partiti con l’obiettivo di essere i primi ad attraversare il continente antartico a piedi. Ma fra il dire e il fare, c’è di mezzo il mare… Ghiacciato in questo caso.
L’equipaggio salpò sull’Endurance da un’isola nell’Oceano Atlantico nell’agosto del 1914. L’idea era quella di arrivare sulla costa dell’Antartide, sbarcare e poi proseguire a piedi. Ma le cose non andarono esattamente come previsto.
Ben prima di poter arrivare sulle coste dell’Antartide, la nave rimase bloccata nel ghiaccio per ben 10 mesi. Shackleton e i suoi 27 uomini rimasero qui, in mezzo ai ghiacci e agli iceberg che si frantumavano, fino a quando la nave non si sgretolò davanti ai loro occhi, affondando nel mare ghiacciato e lasciando gli uomini con pochissime scorte e scialuppe a remi.
I superstiti non poterono far altro che raccogliere le loro magre scorte e viaggiare sulle scialuppe fino ad arrivare, nell’aprile del 1916, sull’isola disabitata di Elephant, a circa 241 chilometri di distanza dalla costa antartica.
Rendendosi conto della situazione disperata, Shackleton decise di partire con altri cinque membri dell’equipaggio per cercare aiuto. Su una barchetta lunga meno di 7 metri, navigarono per più di 1.200 km, raggiungendo finalmente una stazione baleniera sull’isola dalla quale erano partiti.
Tuttavia per riuscire a organizzare una squadra di soccorso, ci vollero altri quattro mesi. Miracolosamente, quando Shackleton e i soccorsi riuscirono a tornare su Elephant, non si seppe bene come, scoprì che tutto il resto dell’equipaggio era sopravvissuto.