Storia Che Passione
Accadde oggi: 30 ottobre

Accadde oggi: 30 ottobre

Almanacco del 30 ottobre, anno 1974: in quell’autunno va in scena quello che da molti è ritenuto essere il più grande evento sportivo di sempre, The Rumble in The Jungle, Muhammad Ali contro George Foreman, il più grande della storia della boxe fronteggia chi quella nomea vuole sgretolarla a suon di ganci e montanti dall’irruenza spettrale, tramortente.

Accadde oggi: 30 ottobre

Kinshasa, la capitale dello Zaire, ex Repubblica Democratica del Congo, avrebbe ospitato quell’incontro così atteso. Attesa, appunto, è il termine perfetto per indicare non tanto un’azione – quella di aspettare che il tempo trascorra inesorabile – ma uno stato d’animo, come quello di chi da tre anni e mezzo non può combattere perché avverso all’arruolamento, contrario alla guerra in Vietnam, ostacolato dall’unilaterale decisione della New York State Athletic Commission che parla di “squalifica”, “inibizione” e “revoca”. Squalifica e inibizione che tengono lontano Ali dal ring almeno dal 1971. Revoca che gli alleggerisce i fianchi, affrancati dal peso di una cintura, anzi, della Cintura degna del campione mondiale dei pesi massimi.

In contrapposizione al trentaduenne (dunque pensionabile, per qualcuno) Muhammad Ali, si pone George Foreman. Per molti versi si tratta dell’antitesi del pugile di Louisville. Foreman è giovane, grintoso, manifesta uno stile di combattimento totalmente incentrato su ripetute martellanti, colpi alti e sull’imposizione di una forza bruta, inarrestabile si direbbe. Se l’antonimia non fosse una figura semantica ma un uomo in carne d’ossa, prenderebbe il nome di Cassius Marcellus Clay Jr., pardon, Muhammad Ali. Inoltre il texano George Foreman detiene la cintura che pochi anni prima apparteneva ad Ali, quindi tutto torna, è un cerchio che deve chiudersi e si appresta a farlo il 30 ottobre 1974, in una Kinshasa palpitante.

30 ottobre Zaire

Ad orchestrare l’organizzazione dell’incontro c’è un mezzo sconosciuto, buffo per non dire strano, tanto per i modi di fare quanto per quella capigliatura selvaggia. Si fa chiamare Don King e promette cinque milioni di dollari al vincitore del match. Soldi che lui non ha, ma che qualcuno, pur di centrare l’attenzione del mondo sul suo piccolo grande paese, vuole mettere il palio. Quel qualcuno è Mobutu Sese Seko, poliedrico e dispotico dittatore dello Zaire. In tutto il paese centrafricano spuntano cartelli recanti lo slogan “Un combattimento tra due neri, in una nazione nera, organizzato da neri e visto da tutto il mondo; questa è una vittoria per il Mobutismo”. Propaganda, chiaramente, che però fomenta tutti coloro che un domani potranno dire con orgoglio “io c’ero”.

Per quanto riguarda il nome promozionale dell’incontro, Don King fa e disfà – passatemi il gioco di parole. Inizialmente pensa allo slogan caustico “dalla nave negriera al campionato” ma a Mobutu non piace, perciò lo cambia nel leggendario “The Rumble in the Jungle“, ovvero “la rissa nella giungla”. I due pesi massimi del pugilato atterrano a Kinshasa giorni prima dell’evento, programmato inizialmente per il 25 settembre. I campioni esternano due modi di fare contrapposti anche nella sfera pubblica: Ali gira il più possibile il paese, incontrando persone e partecipando a tutto ciò che gli si chiede di fare; Foreman al contrario tende all’isolamento, si allena come un forsennato (a proposito, in uno di questi allenamenti riporta una ferita all’occhio che causerà il posticipo del match al 30 ottobre) e nel tempo libero mugugna perché colpito in negativo dall’atmosfera “poco americana dello Zaire”.

30 ottobre attesa dell'evento nelle strade di Kinshasa

Con il proverbiale dirty talk (non me ne vogliano i difensori della lingua patria, ma il termine nasce inglese e muore inglese) Ali non scherza mica. Le persone che lo acclamano e che seguono ogni suo spostamento gridano a squarciagola “Ali, bomaye!”, traducibile in un serafico “Ali, uccidilo!”. Tutto molto bello, ma neppure il più incallito degli scommettitori punterebbe due lire sull’ex campione dei pesi massimi. Ali non combatte da troppo e il suo stato di forma è quantomeno discutibile. Al contrario Foreman è un toro scatenato, invitto da 40 scontri in cui, solo per fare due esempi, ha mandato al tappeto Ken Norton e Joe Frazier, entrambi KO al secondo round, gli stessi due che anni addietro avevano messo in difficoltà The Greatest. Troppo tardi per le esitazioni, Ali è determinato e il 30 ottobre 1974 vuole dimostrare al mondo di che pasta è fatto.

30 ottobre Alì si allena

L’orario scelto per assecondare la gran parte degli spettatori, che sono a stelle e strisce, recita 4:30 del mattino; negli USA è prima serata. Foreman sembra non sentire la pressione, asserendo come voglia “concludere al più presto e tornarsene a casa con i soldi nella valigia”. Lo Stadio 20 Maggio – chiamato così per commemorare il giorno dell’ascesa al potere di Mobutu nel 1965 – ha un ring al centro e 60.000 spettatori incontenibili a circondarlo. Nonostante l’orario, lo Zaire è più sveglio che mai. Che l’incontro abbia inizio!

I primi round trascorrono all’insegna della reciproca analisi. Qualche colpo ad effetto c’è, ma viene subito soffocato dall’attendismo di due maestri dello sport. Durante il quinto round accade qualcosa di singolare. Ali si volta verso Frazier, un tempo rivale, ora spettatore non pagante, e strizza l’occhio. Non passa inosservato, gli obiettivi lo riprendono. La natura del gesto è chiara: The Greatest è consapevole della stanchezza accumulata da Foreman, il quale è solito aumentare il numero di giri quando spossato, come un ultimo sprint prima del traguardo. Lo lascia sfogare fino all’ottavo round, quando è lui a prendere parola e contrattaccare. Negli ultimi secondi Muhammad Ali esegue un sinistro-destro a tagliare e Foreman va a terra, contorcendosi nel dolore che prima di quel 30 ottobre non l’aveva neppure sfiorato.

30 ottobre incontro Alì vs. Foreman

L’arbitro conta e Big George non si rialza. Apoteosi dei 60.000 spettatori: Ali è di nuovo campione dei pesi massimi. I pugni diretti verso il cielo, ringrazia i presenti e gli assenti. Quel che c’era da dimostrare l’ha dimostrato; come dirà nella successiva intervista: “Sono ancora il più grande di tutti i tempi”. Come contraddirlo…