Ormai è un modo di dire, “perfetto come il cerchio di Giotto“, ma se facciamo un salto indietro nel tempo di qualche secolo capiamo come, a monte, ci sia una buffa storia degna di essere raccontata. Se oggi scriviamo questo articolo è grazie soprattutto ad un altro protagonista trasversale della vicenda, ovvero Giorgio Vasari, e ora capiremo subito il perché.
L’aneddoto viene proprio dal suo celeberrimo libro col titolo un po’ lunghetto. Di sicuro conoscerete “Le vite de’ più eccellenti pittori, scultori e architettori” del Vasari. Si tratta della prima opera che raccoglie organicamente le notizie biografiche sulla vita di numerosi artisti e grazie alla quale abbiamo numerose notizie, anche personali e che rischiavano l’oblio, di moltissime personalità di spicco dell’epoca in questione.
Chiaramente quella di oggi attiene Giotto, ma c’è un altro personaggio da introdurre: Papa Bonifacio VIII, che, come ogni papa dei secoli rinascimentali e precedenti, voleva abbellire San Pietro o altri luoghi importanti della Chiesa Cattolica. In quegli anni se pensavi all’arte e al “bello” non potevi non pensare dunque a Giotto di Bondone.
Bonifacio mandò quindi in missione un suo cortigiano che arrivò nel giro di breve tempo nella Firenze del XIV secolo. Qui trovò la bottega del pittore e gli spiegò il perché della sua visita. Quello strano uomo, fuoriuscito dal nulla, chiedeva un disegno da mostrare a sua santità, il papa in persona. Giotto non si scompose, prese un pennellò, disegnò su una tela un cerchio a mano libera, senza nemmeno muovere il braccio e congedò il visitatore.
Quel cerchio disegnato su una tela, in maniera così disinvolta e perfetta, era l’unica prova della bravura dell’artista, o almeno quella che lui aveva intenzione di fornire. Era una circonferenza sublime, proporzionata come fosse uscita dal miglior compasso. Ma sembrava poco, quasi nulla. In realtà all’epoca il suo nome era già grande, in virtù soprattutto dello splendido Crocefisso di Santa Maria Novella, in immagine sopra.
A quanto pare Giotto aggiunse “Questo è il mio miglior disegno” e il cortigiano tornò a Roma forse deluso. Alla fine però quel poco convinse Bonifacio VIII, o almeno così ci racconta il Vasari. La semplicità e la schiettezza dell’artista lo premiarono e il resto della sua carriera è storia ben conosciuta.