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5 omicidi che hanno segnato l'Antichità

5 omicidi che hanno segnato l’Antichità

Al momento in cui scrivo sono stati due gli attentati contro la persona di Donald Trump. Entrambi non hanno avuto l’esito sperato dagli attentatori. Per quanto l’atto terroristico sia di enorme portata, non è che l’ultimo in ordine di tempo registrato dalla storia contemporanea statunitense. Prima di Trump, vi fu Reagan e prima ancora Kennedy, tornando fino al più remoto Lincoln. Anche qui, gli USA non occupano un posto d’eccezione per quanto riguarda atti terroristici compiuti a danno dei vertici statali. La storia del mondo è densa di accadimenti simili. Volendo compiere uno sforzo ulteriore, centrando il focus su un macro-periodo della storia, si possono elencare 5 omicidi che in un certo senso hanno segnato indelebilmente il corso dell’Antichità.

5 omicidi che hanno segnato l'Antichità

1 – Gaio Giulio Cesare. Impossibile non partire da lui: la vittima per eccellenza nell’omicidio per eccellenza, avvenuto come anche i muri sanno il 15 marzo del 44 a.C. Un potere sconfinato, un carisma senza eguali e un ambizione a tratti sconcertante fecero di Cesare un bersaglio con le gambe. Fu il Senato, o comunque parte di esso, a volerlo se non eliminato, come minimo estromesso dalle logiche del potere repubblicano. A farsi carico di quell’atto estremo, pesante come un macigno, furono Marco Giunio Bruto e Gaio Cassio Longino. Senatore e in quell’anno praefectus urbi il primo, ex tribuno della plebe e quaestor in carica il secondo. Quelli che poi passarono alla storia come i principali Cesaricidi.

Colto impreparato prima di una seduta plenaria del Senato, i congiurati lo avvicinarono e sferrarono ventitré mortali pugnalate. Il ricordo delle Idi di Marzo riecheggia nel leggere quelle cinque parole: Tu quoque, Brute, fili mi?

5 omicidi Filippo II di Macedonia

2 – Filippo II di Macedonia. E per la rubrica “matrimoni finiti a pugnalate” vi narro in breve la fine indecorosa del padre di Alessandro Magno nonché il primo a porre i tasselli del meraviglioso puzzle più tardi conosciuto come Impero ellenistico. Nell’ottobre del 336 a.C. si svolsero nel fasto più assoluto le nozze tra Cleopatra di Macedonia, figlia di Filippo II, e Alessandro I il Molosso, re dell’Epiro. Lo scenario era quello dell’antica capitale macedone di Ege (greco Αἰγαί, latino Aegae), oggi Verghina, in Grecia.

Una giornata di festeggiamenti e celebrazioni, senz’altro, ma nell’antichità queste erano anche le occasioni giuste per parlare di politica, affari ed alleanze. Per non dare nell’occhio e sembrare prevenuto, Filippo II decise di presentarsi nel teatro cittadino, dove erano riuniti tutti i dignitari, senza protezione alcuna. Errore di calcolo che gli costerà caro. Pausania di Orestide, una delle sue guardie del corpo, lo raggiunse e rifilò al sovrano una stoccata sotto il costato. Il re di Macedonia morì sul colpo, mentre l’assassino tentò vanamente la fuga: riacciuffato dalle guardie reali, fu linciato sul posto.

La cosa più sconcertante dell’intero accaduto è che nessuno, né gli storici del tempo, né quelli del presente, sa fornire una spiegazione del perché Pausania di Orestide agì in quel modo. Quale che sia la verità, l’assassinio di Filippo II fu un evento degno di nota negli annali della storia antica. Portò ad un periodo di instabilità e conflitto interno, arco di tempo che si concluse con l’ascesa del giovane Alessandro, di lì a poco Mégas Aléxandros.

5 omicidi Dario III di Persia

3 – Dario III di Persia. L’ultimo degli Achemenidi sul trono persiano venne a mancare sei anni dopo Filippo II di Macedonia, suo vecchio rivale. In un certo senso, fu il figlio di quest’ultimo, Alessandro, a scatenare la sequela di eventi che condussero al famoso regicidio. Dopo Gaugamela (331 a.C.) l’Impero che fu di Ciro II il Grande, di Dario I o di Serse I iniziò a traballare pericolosamente. Il re macedone otteneva sempre più vittorie e macinava sempre più terreno in vista di Persepoli. La destabilizzazione creò malcontento, questo trovò concreta espressione in un colpo di stato organizzato dal satrapo Besso e dall’alto funzionario nonché comandante in carico delle guardie di palazzo Nabarzane.

Nel 330 a.C. i due escogitarono un piano che a sentirlo oggi farebbe quasi sorridere. Chiesero prima al Re dei Re la delega “temporanea” – ovviamente a loro esclusivo vantaggio – di tutte le armate impegnate a contrastare i Macedoni. Dario che tutto era tranne che sciocco, non se la fece fare sotto il naso e si rifiutò categoricamente. La risposta piccata non piacque ai due golpisti e li fece protendere per il piano B: incatenare Dario III ad una biga e nel frattempo condurre la battaglia contro le falangi di Alessandro Magno. Quando queste ebbero la meglio e si trovarono ad un tiro di scoppio dal carro dove era incatenato il sovrano achemenide, i cospiratori in preda al panico lo colpirono violentemente con pietre e giavellotti, ferendolo mortalmente.

Amarissima la delusione che provò Alessandro quando giunse al cospetto del corpo martoriato ed esanime del suo rivale. Egli voleva catturarlo vivo. Il re vittorioso spedì il corpo del suo omologo in una Persepoli distrutta dalla guerra, ordinando la celebrazione di un pomposo funerale di stato, degno di tutti gli onori del caso. Espresse la volontà che il Re dei Re venisse sepolto assieme ai suoi antenati (la tomba di Dario III ancora oggi è ignota) e lo vendicò, catturando ed uccidendo Besso e Nabarzane.

5 omicidi Ramses III

4 – Ramses III. Dei 5 omicidi di cui vi voglio rendere partecipi, questo è quello che per più tempo ha rappresentato un caso irrisolto e apparentemente irrisolvibile. Fino all’inizio di questo secolo le cose stavano così: il faraone Ramses III cadde in disgrazia o morì (dubbio che fino ad oggi ha fatto tutta la differenza del mondo) a seguito di un complotto, poi passato alla storia come “Complotto dell’harem”, ordito da una delle sue mogli per sovvertire la linea di successione e far ereditare il regno al suo figlio prediletto. Tuttavia la vicenda attorno al presunto assassinio del faraone della XX dinastia, spentosi a Tebe nell’aprile del 1155 a.C., ha presentato per tantissimo tempo dei punti interrogativi. Chi l’ha ucciso davvero? Perché le fonti pervenute raccontano versioni così dissimili tra loro? La congiura colpì nel segno o fallì miseramente?

Recenti esami condotti da un gruppo forense tedesco hanno finalmente fornito una risposta alla maggior parte di questi interrogativi. A lungo si è creduto che la mummia di Ramses III non presentasse evidenti segni di ferite potenzialmente mortali. Una tomografia computerizzata ha evidenziato ben altro. Qualcuno assassinò effettivamente il re, recidendo la gola fino all’osso (lo suggerisce anche l’eccessivo bendaggio tutt’ora presente sul collo della mummia). Adesso lo sappiamo con assoluta certezza: la famigerata Congiura dell’harem ebbe successo nell’immediato, perché uccise il faraone, ma fallì nell’obiettivo a lungo termine, perché la linea di successione non fu alterata e a salire sul trono d’Egitto fu Ramses IV, figlio del sovrano assassinato.

5 omicidi

5 – Qin Shi Huang. Premessa grande come una casa: sul primo imperatore cinese storicamente accertato le fonti divagano tra il reale, il verosimile e il leggendario. Il quinto dei 5 omicidi perciò è il meno assodato. La storiografia tradizionale cinese (che in quanto a strafalcioni storici non è seconda a nessuno) descrive l’imperatore Qin Shi Huang come un tiranno brutale ossessionato da due cose: la ricerca dell’immortalità e il terrore per la morte violenta. Vi anticipo che una delle due cose la trovò eccome, lascio a voi indovinare quale.

Nel 210 a.C. si fermò nel palazzo di Shaqiu, in uno dei suoi frequenti viaggi in giro per l’impero. Tra le stanze imperiali lo colse l’improvvisa morte. La leggenda (da non confondere con la storia) vuole che i medici di corte, tartassati come erano dalle assurde richieste di Qin Shi inerenti la vita eterna, la lotta alla caducità terrena e altre cose di questo genere, tentarono in ogni modo di “accontentare” il loro imperatore. Confezionarono delle pillole miracolose, l’assunzione delle quali avrebbe garantito al sovrano l’immortalità tanto desiderata. Tutto molto bello, peccato che le magiche pillole contenevano ingenti quantità di mercurio. Qin Shi Huang, primo a fregiarsi del titolo imperiale in una Cina finalmente riunita, morì per avvelenamento da mercurio. Il suo corpo probabilmente giace nelle profondità del personale mausoleo (di cui vi abbiamo parlato in qualche vecchio articolo), ma nessun ricercatore ha intenzione di violare il sarcofago imperiale.