Storia Che Passione
Immagine fantasiosa battaglia di Filippi

“Ci rivedremo a Filippi”: la battaglia che vendicò Giulio Cesare

Nel racconto della vita di Bruto, uno dei capi della congiura contro Giulio Cesare, lo storico greco Plutarco racconta di una visione che il cesaricida fece all’indomani delle Idi di Marzo. Gli apparve in sogno una figura, che non seppe bene definire, la quale gli rivolse queste perentorie parole: “Ci rivedremo a Filippi“. Nel corso dei secoli queta espressione divenne proverbiale per indicare la volontà di compiere una resa dei conti con un avversario. Ma che cosa significa esattamente? E che c’entra l’assassinio di Cesare?

Immagine fantasiosa battaglia di Filippi

Roma, 15 marzo 44 a.C. Giulio Cesare è ucciso con diverse pugnalate mentre sta entrando in senato. La congiura è ordita da Gaio Cassio Longino e Marco Giunio Bruto, quello protagonista delle ultime, leggendarie, parole dello statista romano: “Tu quoque, Brute, fili mi!” (“Anche tu, Bruto, figlio mio!”). Tuttavia, costoro non riescono ad impadronirsi del potere a causa dell’opposizione del console in carica quell’anno, il fedelissimo cesariano Marco Antonio, della plebe romana e dei veterani di Cesare. Perciò, decidono di lasciare l’Italia alla volta della Grecia, con il proposito di organizzare la controffensiva.

Congiura contro Cesare, vendicata a Filippi

Intanto nell’Urbe il fronte cesariano si compatta intorno a tre uomini: Marco Antonio, Caio Giulio Cesare Ottaviano, nipote e figlio adottivo di Cesare nonché futuro primo imperatore romano e Marco Emilio Lepido. Costoro costituiscono il secondo triumvirato, associandosi per perseguire obbiettivi politici comuni. E il primo dei propositi non può che essere quello di vendicare l’assassinio di Cesare.

Secondo triumvirato, vincitore a Filippi

I cesaricidi, intanto, stanno ottenendo importanti successi nelle province orientali. Bisognava assolutamente fermarli. Raggiunto un accordo con il senato, che non vedeva di buon occhio il loro strapotere, i triumviri raccolgono forze per la campagna in Grecia. A prendersi l’onere di guidare le operazioni militari sono Antonio e Ottaviano. Bruto e Cassio, però, temporeggiano attestando le loro truppe lungo la Via Egnatia, importante arteria stradale che collega Bisanzio a Durazzo, vicino ad una cittadina greca il cui nome suona famigliare a Bruto: Filippi. Ma perché quella losca figura che gli era apparsa in sogno avrebbe dovuto suggerirgli il nome di uno sperduto villaggio nella Grecia del nord? Beh, presto lo avrebbe scoperto.

Moneta commemorativa della congiura di Cesare fatta coniare dai cesaricidi vinti poi a Filippi

Infatti, poco dopo giungono a Filippi anche Antonio e Ottaviano con i propri soldati. È l’ottobre del 42 a.C. Che si aprano le danze. Le battaglie in realtà sono due. Nella prima, Bruto ha la meglio su Ottaviano mentre Antonio sbaraglia Cassio, il quale non informato del successo dell’alleato, si suicida. A questo punto Bruto, rimasto solo al comando, viene sconfitto nella seconda battaglia, e decide pure lui di togliersi la vita. I triumviri hanno vinto. Ecco, quindi, che cosa voleva intendere quella losca figura con quella frase enigmatica. Filippi è il luogo della resa dei conti, dove la brutale congiura contro Cesare è vendicata.

Con ogni probabilità, il racconto del sogno di Bruto è solamente una leggenda. Come oggi, anche allora la dimensione onirica attirava molta curiosità ma spesso veniva fraintesa e le erano affibbiati addirittura ruoli di preveggenza. Insomma, una diceria resa immortale e proverbiale dal fatto di essere stata riportata da un’eminente storico dell’antichità.