Almanacco del 29 settembre, anno 1041: il duca di Boemia Bratislao I (in ceco Břetislav I) si arrende nella sua Praga, accerchiato dagli imperiali di Enrico III di Franconia. Svanisce in quel giorno il più grande e ardito sogno del principe boemo, quello di una potente nazione slava nell’Europa centro-orientale. Un sogno proibito quello di Bratislao, ma solo con il senno del poi, perché all’epoca dei fatti buona parte del ceto nobiliare mitteleuropeo riteneva quantomeno plausibile (se non addirittura auspicabile) un progetto dalla simile portata.
Bratislao nacque dall’unione del duca Oldřich e della sua futura moglie Božena Křesinová. L’anno della nascita con un minimo grado di certezza dovrebbe essere il 1005. Alcune fonti di molto posteriori indicano il 1002, comunque la forbice temporale è questa. Sulla gioventù del principe non sappiamo assolutamente nulla, perché la prima fonte che ne cita esplicitamente il nome è Cosma Praghese (1045-1125), il quale scrive nel primo ventennio del XII secolo facendo riferimento ad episodi avvenuti cento anni prima. Da quello che ci dice il cronista boemo, nel 1019 Bratislao irruppe in un non meglio precisato monastero e rapì Giuditta di Schweinfurt. Non una donna qualunque: ella era infatti una nobile bavarese dalla prestigiosa ascendenza. Giuditta divenne, forse suo malgrado, moglie del principe boemo.
Nel momento in cui Bratislao assunse il comando dell’esercito paterno (formalmente duca di Boemia fino al 1035), le fonti iniziarono a parlare assiduamente di lui. Il perché è presto detto. Nel 1029 scacciò i polacchi dalla Moravia – aiutato da un contemporaneo attacco al Regno di Polonia da parte della Rus’ di Kiev. Il successo di Bratislao in Moravia contribuì in modo significativo alla temporanea stabilizzazione del Ducato di Boemia sotto il padre Oldřich. Bratislao ricevette la Moravia come principato e da lì pianificò le successive campagne. La prima di queste nuove operazioni rivolgeva le attenzioni del principe all’odierna Slovacchia, allora facente parte del neonato Regno di Ungheria sotto re Stefano I. Il tentativo di Bratislao fallì, ma altre urgenze richiedevano la sua presenza in Boemia.
Il padre Oldřich venne fatto prigioniero dal sacro romano imperatore Corrado II e subito rilasciato nel 1033. Le terre paterne divennero automaticamente di Bratislao, ma al ritorno di Oldřich, scoppiò una violenta faida padre-figlio. Ahinoi non conosciamo gli esatti motivi del litigio, ma si presuppone generassero da trame di potere in seno alla famiglia ducale. Al di là di ciò, sappiamo che nel 1034 il duca morì e l’anno dopo gli succedette Bratislao con il nome di Bratislao I Přemysliden di Boemia.
Non passò molto tempo prima che il nuovo duca di Boemia tornasse sul campo di battaglia. Nel 1035 affiancò l’imperatore in una guerra contro i lusaziani. Con i suoi uomini creò scompiglio tra la Grande e la Piccola Polonia (regioni storiche della Polonia, situate rispettivamente nel centro e nel sud del paese). Cinse d’assedio ed entrò nelle floride città di Poznań, Gniezno e Cracovia. La campagna permise a Bratislao I di fare incetta di reliquie sacre. Vanno menzionate quelle di Sant’Adalberto, secondo vescovo di Praga, per le quali il principe fece redigere i cosiddetti decreti di Bratislao. Un corpus prosaico di suppliche e preghiere affinché l’anima del defunto vescovo tornasse di sua spontanea volontà nella natia Praga dopo il lungo “esilio” in Polonia. Un altro mondo rispetto al nostro, eh…
Messa così sembra una roba da sciocchi, ma Bratislao era tutto tranne che ingenuo. Il gesto, seppur sopra le righe, serviva a giustificare spiritualmente la creazione di un arcidiocesi a Praga, così da renderla un’entità autonoma e riconosciuta all’interno del Sacro Romano Impero (al pari degli elettorati di Magonza, Treviri e Colonia, retti da vescovi). Il duca di Boemia era inappagabile in quanto a fame di conquista. Sulla via del ritorno in Moravia, conquistò – già che c’era – il Ducato di Slesia, accorpandolo ai domini personali. Secondo le fonti fu grazie alle suddette imprese che si guadagnò meritamente l’appellativo di “Achille boemo“.
Ma l’Achille boemo doveva fare i conti tanto con la sua crescente fama quanto con le sue scomode ambizioni (la creazione di un forte e temuto stato slavo nell’Europa centro-orientale; per abnegazione e tenacia mi ricorda Ladislao I d’Angiò-Durazzo, illusosi di poter riunire politicamente l’Italia sotto la sua corona con Napoli capitale). Entrambi i fattori non dovevano garbare parecchio al nuovo imperatore Enrico III di Franconia, detto Il Nero. Costui non sopportava l’eccessiva autonomia acquisita dalla Boemia e nel 1040, vedendosi non corrispondere i tributi richiesti a Praga come forma di lealtà, invase il ducato con un grande esercito.
Le parti non si risparmiarono colpi proibiti ma gli scontri del 1040 non decretarono un vincitore. Quando Bratislao si decise a chiedere la pace agli inizi del 1041, l’imperatore Enrico stava già spedendo in Boemia un altro esercito. Il secondo round si concluse con la resa incondizionata di Bratislao il 29 settembre 1041. Asserragliato entro le mura di Praga, tradito da nobili ed ecclesiastici, senza più un esercito, dovette abbassare il capo e sottostare agli imperiali.
La cerimonia ufficiale di sottomissione avvenne a Ratisbona solo nel 1047. Per l’occasione si stilò anche il trattato di pace. La sconfitta del 29 settembre 1041 a dire il vero non costò caro a Bratislao, il quale astro tuttavia iniziava a declinare irreversibilmente. Le condizioni erano che il duca avrebbe potuto mantenere le reliquie di Sant’Adalberto a Praga, avrebbe mantenuto la Slesia e la Moravia (quest’ultima addirittura come feudo riconosciuto dall’imperatore). In cambio però il ducato di Boemia si impegnava a risarcire i danni di guerra alla Polonia dei Piasti e a fornire un contingente armato a discrezione dell’imperatore se ve ne fosse stata necessità. Ve lo anticipo, contro l’Ungheria questa necessità spuntava fuori ogni due per tre.
Guarda caso, il nostro Achille boemo si spense a Chrudim nel 1055 mentre presenziava i preparativi dell’imminente invasione in terra d’Ungheria. Le sue spoglie riposano oggi nella maestosa e consigliatissima Cattedrale Metropolitana dei Santi Vito, Venceslao ed Adalberto, a Praga.