Vienna, estate 1683. La capitale del Sacro Romano Impero è sotto assedio da parte dei turchi ottomani. La superpotenza che tiene in scacco l’Europa cristiana da due secoli ha ora deciso di dare la spallata decisiva. Ha deciso di colpire il bastione dei suoi arcinemici, la famiglia degli Asburgo, che tramite i due rami spagnolo e austriaco controlla gran parte del Vecchio Continente. Se Vienna cade, i turchi dilagheranno. Il rischio di vedere l’Europa diventare musulmana non è mai stato così concreto.
Non é la prima volta che i turchi tentano di conquistare Vienna. Ci aveva già provato Solimano il Magnifico nel 1529, ma senza successo. Il confine fra i territori ottomani e quelli asburgici é comunque rimasto molto vicino alla città austriaca, dato che l’intera Ungheria è parte dei domini della Sublime Porta (non per molto, ricordate Buda?). Nel corso del Cinquecento e del Seicento ottomani e Asburgo si sono affrontati diverse volte, senza sostanziali spostamenti di confine. L’ultimo trattato fra le due potenze del 1664, oltre a ribadire lo status quo, impone anche vent’anni di pace. Ma alla scadenza della tregua, il gigante turco è pronto alla riscossa.
Il gran Visir Kara Mustafà organizza la spedizione per compiere quello che neanche Solimano, il più grande dei sultani, era riuscito a fare. 200.000 uomini si muovono verso Vienna, che può approntare una difesa composta da solamente 10.000 soldati. La corte imperiale si trasferisce a Passavia, in Baviera, mentre la capitale si barrica all’interno delle possenti mura, che i cannoni ottomani non riescono a sfondare. Kara Mustafa decide allora di costruire lunghi tunnel sotterranei che dall’accampamento ottomano giungono fin sotto le mura. Lì fa posizionare cariche esplosive, con l’obbiettivo di sgretolarne le fondamenta.
Intanto a Passavia l’imperatore Leopoldo I d’Asburgo, coadiuvato da Papa Innocenzo XI, conduce un’intensa attività diplomatica per assicurarsi supporto militare dalle altre potenze cristiane d’Europa. La Francia di Luigi XIV, acerrima rivale degli Asburgo, non ha nessuna intenzione di scendere in campo al fianco degli austriaci, ma per lo meno rimane neutrale. Alle richieste di aiuto imperiali, invece, rispondono diversi stati tedeschi del Sacro Romano Impero, anche protestanti (come la luterana Sassonia), alcuni stati italiani (Toscana, Venezia e Mantova) e, soprattutto, la Polonia di Giovanni III Sobieski. Tuttavia, sommando le truppe rimaste a difesa di Vienna e quelle della coalizione cristiana, si arriva a 90.000 uomini, neanche la metà di quelli ottomani.
Nella capitale austriaca, intanto, la situazione volge sempre più a favore degli assedianti. Le azioni di disturbo portate avanti delle truppe della “Lega Santa” si rivelano utili ma non decisive ai fini della vittoria. Inoltre, le mura si stanno assottigliando sempre più a causa dei costanti bombardamenti turchi. I viennesi si preparano a combattere strada per strada, casa per casa, fino all’ultimo uomo. Nel frattempo, fuori dalla città, le forze cristiane si preparano alla resa dei conti. La battaglia infuria.
Sfruttando a loro favore anche le divisioni interne allo schieramento turco, la “Lega Santa” riesce ad infliggere un colpo durissimo ai nemici. Gli ottomani perdono 45.000 uomini a fronte di soli 15.000 fra gli occidentali. L’esercito della Sublime Porta è costretto ad una rapida ritirata e il loro accampamento viene saccheggiato. La coalizione cristiana ha vinto, il pericolo è stato scampato. Leopoldo I può tornare a Vienna. A Giovanni III Sobieski e ai suoi ussari alati, reparto d’élite della cavalleria polacca, vengono tributati i maggiori onori per aver salvato Vienna. Per i turchi la mancata conquista della città danubiana significherà una battuta d’arresto della fase espansiva e l’inizio di un lentissimo, ma inesorabile, declino.