Durante il regno del normanno Enrico I due delle nipoti del sovrano subirono una pena alquanto severa. Di loro non conosciamo il nome ma di certo questo episodio ci rende la dimostrazione dell’integerrimo atteggiamento del re inglese e dei costumi del tempo.
Secondo il cronista normanno Guglielmo di Jumièges egli era il quartogenito di Guglielmo il Conquistatore, e crebbe a corte libero di potersi dedicare agli studi. Solo alla morte dei fratelli poté impadronirsi della corona inglese, e si fece incoronare nell’abbazia di Westminster nel 1100. Durante il suo regno divenne padre di innumerevoli figli illegittimi e una di queste era proprio Juliane de Frontvrault, nata nel 1090 futura moglie, di Eustace di Brteuil. La coppia ebbe almeno due figlie, proprio le protagoniste di questa storia. Non si conoscono i nomi delle due fanciulle, però la pena comminata a causa dei peccati dei genitori, sì.
Il sovrano ordinò che alle due donne venissero tagliate le punte dei nasi e che fossero accecate. Una pena crudele anche per il tempo (alla quale dalle parti del Bosforo erano abituati), suscitò ancor di più la pietà dei contemporanei per via dell’innocenza delle due fanciulle. Perché il sovrano decise allora di punirle?
I genitori delle due ragazze minacciarono il re di unirsi alla rivolta in corso nel 1119 se non fosse stato concesso loro il castello di Ivry la Bataille. Il re invece propose uno scambio di ostaggi per risolvere la questione: tra il figlio del conestabile del castello e le due figlie di Juliane. Le due ragazze andarono a vivere a palazzo con Enrico I mentre il giovane con Eustace e Juliane. Eustace però accecò il giovane figlio del conestabile apparentemente senza motivo: o forse incoraggiato da qualcuno per spingerlo a ribellarsi contro Enrico I.
Infuriato il padre del ragazzo presentò una petizione al sovrano per l’ignobile gesto del genero, chiedendo vendetta. Fu così che Enrico I emise quella crudele sentenza nei confronti delle nipoti che dovettero intraprendere poi un viaggio per tornare dai genitori. Questi infuriati per ciò che le loro figlie avevano dovuto subire si prepararono a combattere.
Quando Enrico I si presentò nella cittadella del castello di Bretuil Juliane dichiarò di non voler opporre resistenza, ma si presentò nel cortile con una balestra – la stessa che ferì mortalmente l’impavido Riccardo Cuor di Leone? Chissà…– e l’intento di colpire il padre a morte. Il dardo lo mancò ed Enrico decise di imprigionare la figlia in quello che era il suo stesso castello, proibendole di lasciarlo. Juliane costretta a consegnare titoli e proprietà riuscì a scappare però dalla torre. Tempo dopo i due coniugi ottennero il perdono, solo quando questi si inginocchiarono dinnanzi al re per supplicare, ma delle due fanciulle mutilate non si conosce il destino. Furono solo pedine in un gioco politico per il quale non avevano interesse.