Ho sempre pensato una cosa dell’Ottocento: per me è il secolo delle stranezze, dei paradossi e dei sogni irrealizzabili. Forse perché fu il secolo che prese in carico tutto il razionalismo dei Lumi e cercò di adattarlo alle novità che la Rivoluzione industriale portava con sé, mentre sullo sfondo il fervente nazionalismo prendeva il posto di un più ideale e romantico patriottismo. Questo mix diede vita ad episodi della storia contemporanea che conosciamo bene e che il più delle volte tendiamo a dare per scontati. Eppure la medesima commistione di fattori generò situazioni, magari poco note ma enormemente significative, che contribuirono ad arricchire il panorama geopolitico del XIX secolo. Tra questi eventi dalla portata ridotta ma incredibili, se non addirittura al limite dell’assurdo, si citino le cosiddette “incursioni feniane” dall’inglese “Fenian raids“.
Non ne avete mai sentito parlare, ci scommetto. Neppure io, fino a quando un anfratto dell’internet me le ha presentate (in modo approssimativo e un po’ bislacco, a dire il vero). Ho approfondito la questione delle Fenian raids e mi si sono aperte le porte della stravaganza. All’improvviso tutti i miei pregiudizi, quelli che in apertura vi ho velocemente presentato, si sono materializzati. Mettetevi comodi, perché qui ci si diverte.
Nel XIX secolo gli Stati Uniti d’America divennero la meta prediletta dell’immigrazione europea. Raggiunsero la terra delle opportunità i nostri avi, come ben sappiamo, ma anche persone originarie dell’est Europa, dell’area germanica e in gran numero anche dalla piccola e povera Irlanda. Un’isola di cui spesso parlo (per passione e per ammirazione personale, lo ammetto, ma anche per una rilevanza storica che spesso non viene presa minimante in considerazione; converrete con me) e che in pieno Ottocento non poteva certo dirsi terra dalle grandi prospettive, della pace e della serenità. Tutt’altro.
L’Atto d’Unione che formava il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda, la costante frizione tra nazionalisti e unionisti, la secolare questione tra cattolici e protestanti, la povertà endemica e la grande carestia delle patate avevano esacerbato una tensione interna oramai secolare. Amarezza e risentimento erano gli impulsi emotivi più comuni tra gli irlandesi, i quali, per l’appunto, emigravano. Il sentimento viaggiò con loro, diffondendosi un po’ ovunque. In Inghilterra, in Australia e negli USA, ad esempio. Fallita l’esperienza della Giovane Irlanda (organizzazione patriottica di stampo nazionalista votata al raggiungimento dell’indipendenza irlandese dal dominio britannico), i suoi fondatori ripararono sul continente e ragionarono sul da farsi. James Stephens e John O’Mahony, leader della ribellione repubblicana anti-britannica, fondarono dunque due organizzazioni eredi degli ideali della Giovane Irlanda: la Fenian Brotherhood (Fratellanza Feniana) negli USA e la Irish Republican Brotherhood (Fratellanza Repubblicana Irlandese) in Irlanda.
Le organizzazioni nate nel 1858, benché separate geograficamente, erano le due facce della stessa medaglia. Esse si diedero una struttura amministrativa di carattere elettivo, raccolsero fondi ma soprattutto goderono di una rilevante partecipazione popolare. Tutti coloro che sognavano la formazione di una repubblica in Irlanda indipendente da Londra appoggiavano la Fratellanza Feniana e John O’Mahony. Tradotto: chi era interessato a rendere difficile la vita agli inglesi finanziava i feniani con soldi e armi. Ora, lungi da me sostenere come il governo con sede a Washington e allora presieduto da James Buchanan fosse un diretto patrocinatore dei feniani, non è assolutamente vero. Però fu altresì concreta la “svogliatezza” (chiamiamola così per non dire altro) degli statunitensi nel limitare le operazioni dell’organizzazione rivoluzionaria e nazionalista.
Il perché è presto detto; per la classica formula “il nemico del mio nemico è mio amico”, gli USA non fecero quasi niente, all’infuori di qualche provvedimento di facciata, per smantellare sul nascere le operazioni che i feniani stavano per mettere in atto. Operazioni che – e adesso giungiamo al punto – si traducevano nei “Fenian raids”. Allo scoppiare della guerra di secessione americana (1861-65) il quadro delle relazioni internazionali fu molto semplice: gli inglesi de facto sostennero i confederati e non gli unionisti, come auspicato da quest’ultimi. Così, a conflitto terminato, quando il subentrato presidente Andrew Johnson venne a sapere degli imminenti piani di O’Mahony, fece orecchie da mercante. Quali piani?
Semplice, l’idea della Fratellanza Feniana era quella di conquistare il Canada britannico e barattarlo per la libertà dell’Irlanda. Follia allo stato puro e non serve spiegare il perché. O’Mahony intendeva conquistare i principali snodi viari dell’immensa provincia (solo per ricordarvelo, il Canada britannico si estendeva per circa 9 milioni di km²) così da bloccarne i trasporti e paralizzarne l’economia. Un piano irrealizzabile persino per un esercito corposo e ben addestrato. Figuriamoci per 700 membri della confraternita feniana armati di fucili ad avancarica, forse qualche carabina e tanto coraggio.
Nonostante tali premesse, qualche sortita ad effetto ci fu. Tralasciando le spedizioni che partirono ma che per i più disparati motivi non arrivarono neppure ad intaccare il territorio canadese, vengano qui citate le irruzioni sull’isola di Campobello (Nuovo Brunswick) e forse la più famosa delle “Fenian raids“, quella che portò alla battaglia di Ridgeway (2 giugno 1866) e alla temporanea presa di Fort Erie, sulla strada di Buffalo, vero obiettivo dei miliziani irlandesi. Gli 800 che attraversarono il fiume Niagara, già allora confine internazionale, ebbero il loro momento di gloria, subito smorzato dall’intervento armato anglo-canadese e diplomatico americano.
Un ultimo sussulto dei Fenian raids si registrò nel luglio del 1866, quando i nazionalisti irlandesi attraversarono la frontiera nel Vermont ma si dispersero all’udire di una singola salva dei volontari canadesi. Si è detto pocanzi come l’Ottocento fu persino il secolo dei paradossi. Ne sono più convinto dopo aver letto la conclusione di questa strampalata vicenda. Paradossale perché i feniani, che agirono in nome di un alto ideale di libertà e indipendenza legato alle sorti dell’Irlanda, contribuirono con i loro attacchi al consolidamento di una già formulata coscienza nazionale canadese. I governatorati marittimi del Canada britannico, storicamente restii ad un’ipotesi confederativa, si convinsero di fronte agli inetti attacchi irlandesi di una mutua difesa nazionale.
Nel 1867 si formò la Confederazione canadese: la colonia britannica effettuò il passaggio di status a dominion, con la suddivisione del territorio in quattro grandi provincie, l’Ontario, il Québec, Nuova Scozia e Nuovo Brunswick. In modo ironico, alcuni storici hanno definito Ridgeway come “la battaglia che creò il Canada”.
Che ne fu invece della Fenian Brotherhood? Dopo aver perso i principali leader per cause naturali (la morte) o legali (la prigione), l’organizzazione andò progressivamente ridimensionandosi, fino allo scioglimento nel 1880. Lo spirito nazionalista e repubblicano irlandese tuttavia sopravvisse e altre associazioni nacquero a cavallo tra l’Otto e il Novecento. Un anno dopo lo scioglimento di Fratellanza Feniana, fu varato un sottomarino che i repubblicani irlandesi avevano contribuito a finanziare per la loro lotta anti-britannica. Ufficialmente si chiamava Holland Boat No. II, ma il New York Sun, conscio del coinvolgimento feniano, lo ribattezzò Fenian Ram (Ariete feniano). Il sommergibile era il primo del suo genere a potersi immergere completamente senza l’ausilio di zavorre. Esso si avvaleva di particolari alettoni e di una particolare conformazione dello scafo.
Ricordate i tre termini chiave utilizzati all’inizio, quando parlavo del XIX secolo come l’epoca delle stranezze, dei paradossi e dei sogni irrealizzabili? La storia che vi ho appena raccontato contiene esattamente ciò. Qualcuno, forse, inizierà a pensarla come me.