Un insieme di tribù che abitavano la parte settentrionale della Gallia, grossomodo gli attuali territori della Normandia, Piccardia, le Fiandre francesi, il Belgio e i Paesi Bassi meridionali: ecco cos’erano i Belgi. Il riferimento geografico non basta tuttavia a fornire un quadro esaustivo su un popolo così affascinante e al contempo enigmatico, su cui si sa qualcosa principalmente grazie alle guerre galliche di Giulio Cesare (58 – 50 a.C.) e per via di alcune grandi operazioni archeologiche dall’esito positivo, per non dire straordinario (ne riparleremo…). Noti per la loro abilità guerriera e la loro fiera indipendenza, i Belgi sono da tempo oggetto di interesse per storici e archeologi. Soprattutto le loro interazioni con la Repubblica Romana hanno garantito agli attuali studiosi approfondimenti sostanziali sulla loro società, cultura e capacità militari.
L’aggettivo “enigmatico” non è messo lì a caso. Sull’origine dei Belgi esiste tutt’ora un dibattito accademico molto acceso. Una mano, seppur stringata, ce la danno le fonti classiche. Impossibile non scomodare l’elefante nella stanza, il divus Gaio Giulio Cesare. Nel De bello Gallico egli scrive:
“La Gallia è, nel suo complesso, divisa in tre parti: la prima la abitano i Belgi, l’altra gli Aquitani, la terza quelli che nella loro lingua prendono il nome di Celti, nella nostra, di Galli. I tre popoli differiscono tra loro per lingua, istituzioni e leggi. Il fiume Garonna divide i Galli dagli Aquitani, la Marna e la Senna li separano dai Belgi. Tra i vari popoli i più forti sono i Belgi, ed eccone i motivi. Sono lontanissimi dalla finezza e dalla civiltà della nostra provincia. I mercanti, con i quali hanno scarsissimi contatti, portano ben pochi fra i prodotti che tendono a indebolire gli animi. Confinano con i Germani d’oltre Reno e con essi sono continuamente in guerra”.
Da queste poche righe si comprendono alcune nozioni non di poco conto. Anzitutto i Belgi sono un gruppo distinto all’interno della galassia gallica. Gli elementi che li contraddistinguono da tutti gli altri barbari sono essenzialmente di matrice bellica. Cesare non a caso li considerava i più “intrepidi” e al contempo i più “feroci” tra i Galli. Altro fattore di primaria importanza, almeno per i Romani, che acuì il distacco con gli altri popoli gallici fu l’isolamento geografico.
Essi parlavano una lingua celtica anche se si ritiene che ci fossero influenze significative dalle lingue germaniche. Ciò a causa di un’ovvia vicinanza territoriale che comportò di conseguenza interazioni con le tribù germaniche al di là del Reno. Bilinguismo che potrebbe aver contribuito alla costituzione di una loro identità culturale unica, fondata da elementi celtici e germanici. A sostegno della teoria sincretica interviene l’archeologia. Tanto i reperti quanto le modalità di sepoltura legate ai Belgi riflettono un mix di influenze esterne.
La struttura sociale dei Belgae non si differenziava poi così tanto da quella delle altre tribù celtiche. Una tipica gerarchia piramidale con al vertice la classe guerriera. L’élite combattente deteneva un potere significativo, ma non illimitato. Al di sotto dell’aristocrazia c’erano gli uomini liberi, la maggioranza degli individui che si occupava di agricoltura, produzione artigianale e commercio. Sul gradino più basso della piramide sociale c’erano gli schiavi, i quali erano tipicamente prigionieri di guerra o persone che per insolvenza economica rinunciavano forzosamente alla libertà pur di aver salva la vita.
Politicamente parlando, gli antichi Belgi non erano un’unica entità unificata, ma piuttosto una confederazione di diverse tribù, ciascuna con il proprio capo o re. Cesare si sofferma diverse volte su alcune specifiche tribù, forse quelle con cui ebbe maggiori contatti. Si citino qui di seguito i Nervi, gli Atrebati, gli Eburoni e i Remi. Spesso agivano in completa libertà, altrettanto di frequente univano le loro forze per interessi comuni, coma la difesa contro un nemico quantitativamente e qualitativamente superiore. Qualcuno ha detto Roma?
Non possiamo non spendere due parole sull’economia dei Belgi, anche se va fatto un ragionamento estremamente generico e logicamente incompleto. La terra era tutto, o quasi. L’agricoltura costitutiva la spina dorsale del sostentamento. Tra le principali colture vi erano il grano, l’orzo e l’avena. L’allevamento di bovini e pecore provvedeva al soddisfacimento di molte necessità. Va anche detto come le varie tribù fossero, chi più chi meno, abili nella lavorazione dei metalli e nell’utilizzo degli attrezzi creati. Uno su tutti: l’aratro, adattabilissimo alle terre in cui vivevano gli antichi Belgi.
La quotidianità dei Belgi ruotava attorno al villaggio, che fungeva da centro delle attività sociali ed economiche. Questi insediamenti di solito erano costituiti da case circolari fatte di legname e paglia, disposte attorno a uno spazio aperto centrale utilizzato per riunioni comunitarie e mercati. I Belgi ponevano una forte enfasi sulla comunità e la parentela, con famiglie allargate che spesso vivevano assieme.
Ora però passiamo al pezzo forte della narrazione: l’aspetto bellico. A partire dal III secolo a.C. circa (se solo adesso notate un riferimento cronologico è perché non si ha la minima certezza di come e quando le varie tribù si siano insediate nel nord Europa) i Belgi iniziarono a farsi una certa reputazione in qualità di abilissimi combattenti. In primo luogo per le numerose schermaglie avute con le tribù germaniche o celtiche incontrate, ma la conferma vi fu anche contro le legioni repubblicane. I guerrieri Belgi erano pesantemente armati, equipaggiati con lunghe spade, lance e imponenti scudi ovali. Utilizzavano anche carri da battaglia, una pratica che aumentava la loro mobilità nonché versatilità tattica. La cultura marziale era profondamente radicata, con giovani uomini sottoposti a un rigoroso addestramento per diventare abili combattenti fin dalla tenera età.
Uno degli eventi più significativi nella storia dei Belgi – almeno per le fonti su cui possiamo fare affidamento – fu il loro coinvolgimento nella Conquista della Gallia da parte dell’allora proconsole Cesare. Nel 57 a.C., egli lanciò una campagna contro i Belgi, che considerava una minaccia importante a causa della loro formidabile forza militare e della loro posizione strategica. La confederazione dei Belgi, sotto la guida di vari capi tribù, organizzò una feroce resistenza contro le legioni romane. Battaglie degne di nota includevano l’assedio della roccaforte di Atuatuci e la battaglia del fiume Sabi, dove i Nervi quasi sconfissero le forze di Cesare in un attacco a sorpresa.
Tanto di cappello al coraggio e alla risolutezza dei Belgi, ma Roma non poteva essere battuta in un contesto bellico di lunga durata. Non si metteva in discussione il “se” ma il “quando” sarebbe avvenuta la sottomissione. Come da spartito, alla conquista seguì il processo di romanizzazione. Questo processo fu facilitato dall’istituzione di strutture amministrative romane, avamposti militari e colonie in tutta la regione. La città di Bagacum (oggi Bavay, in Francia al confine col Belgio) divenne un importante centro amministrativo per i Romani in Belgica, fungendo da fulcro per la governance e il commercio.
L’eredità dei Belgi è multiforme, essa rispecchia la loro complessa e dinamica storia. Da un lato, la feroce resistenza alla conquista romana evidenziava uno spirito guerriero e un acume tattico d’assoluto rispetto. Elementi che fecero guadagnare ai Belgi un posto di rilievo negli annali dell’antichità.