Almanacco del 9 agosto, anno 378: presso Adrianopoli, l’attuale città turca di Edirne, le truppe romane comandate dall’imperatore Valente subivano una disfatta ad opera dei Goti di Fritigerno. Essa, però, non rientra solamente nel novero delle sconfitte cocenti che segnano la storia di Roma antica. Quel nefasto giorno, infatti, marca un punto di svolta epocale, il cui effetto domino porterà un secolo più tardi alla caduta dell’Impero Romano d’Occidente. Ma procediamo con ordine.
Nel 378 d.C. l’Impero Romano si trovava sottoposto all’amministrazione di tre augusti. Graziano governava Britannia, Gallia e Hispania, Valentiniano II si occupava dell’Italia e dell’Africa, mentre a Valente spettava l’Oriente. I tre imperatori erano legati da un vincolo dinastico. Graziano e Valentiniano II erano nipoti di Valente, in quanto figli di suo fratello Valentiniano I, deceduto tre anni prima.
Oltre alla gestione dell’intera parte orientale, con il cronico problema dell’aggressività persiana, a Valente era capitata fra le mani una grossa gatta da pelare. Due anni prima, infatti, un gruppo ingente di Goti Tervingi, popolo germanico in quel momento stanziato nell’attuale Romania, aveva chiesto disperatamente asilo nelle terre romane, costretto dalla pressione degli Unni che si faceva sempre più ingente. Il governo romano aveva acconsentito all’ingresso dei Goti, bisognoso com’era di soldati e di braccia per i campi. Tale azione rientrava in uno schema consolidato che le autorità imperiali attuavano con assiduità da ormai due secoli.
Tuttavia, Valente, impegnato ad organizzare una spedizione contro la Persia, aveva delegato ad alcuni funzionari la gestione dell’immigrazione gota a sud del Danubio. L’enorme mole di persone che si presentò alla frontiera rese confusionario il trasferimento dei Goti nei territori romane. A ciò si aggiunse la speculazione degli uomini inviati dall’imperatore, che iniziarono a lucrare sulla faccenda senza rispettare gli accordi pattuiti con i capi goti di concessione di nuove terre. L’esasperazione dei Goti giunse ad un punto di rottura che traboccò in aperta rivolta armata. Valente fu quindi costretto a rimandare i suoi piani di invasione della Persia e a correre in Tracia per sedare la rivolta gota.
Il 9 agosto 378, dunque, le armate romane di Valente e quelle gote raggruppate sotto il comando di Fritigerno si trovarono una di fronte all’altra presso la città di Adrianopoli. Una parte dei suoi consiglieri gli aveva caldamente suggerito di aspettare il nipote Graziano che stava giungendo dalla Gallia con copiosi rinforzi. Ma Valente, sicuro del valore delle sue truppe e delle sue capacità militari, decise comunque di ingaggiare battaglia. Un’errore che si rivelerà fatale per le sue truppe, per sé stesso e per l’Impero Romano nel suo complesso. La sconfitta, infatti, portò via con sé pure la vita dell’imperatore Valente, caduto nel massacro di Romani compiuto dai Goti. Le fonti dell’epoca riportano la morte di circa 2/3 degli effettivi romani, ma probabilmente la cifra è esagerata. In ogni caso, si trattò di una vera e propria ecatombe.
Sul trono di un’Oriente rimasto improvvisamente orfano del suo Augusto, Graziano pose Teodosio, un’ottimo generale che avrebbe segnato in profondità a storia della Roma tardoantica. Egli si dovette occupare primariamente della questione dei Goti. Si ritrovò a trattare da una posizione sfavorevole e perciò raggiunse un accordo assai conveniente al contraente goto. Infatti, i Goti divenivano foederati (alleati) dell’Impero e ottenevano terre in Moesia, l’attuale Bulgaria settentrionale, in cambio del servizio militare all’interno dell’esercito Romano.
Un’intesa simile a molte altre che avevano stretto in precedenza, ma con una differenza fondamentale, ossia che ai Goti erano concesse ampie autonomie. Si formava in pratica, una specie di staterello goto semiautonomo all’interno dei confini dell’Impero. Inoltre, l’incredibile vittoria conseguita, unita al favorevole trattato raggiunto con Roma, persuase i Goti della loro capacità contrattuale. Dopo Adrianopoli, quindi, un Impero sempre più in difficoltà dipendeva dal sostegno militare di contingenti germanici che però disponevano di una grande autonomia decisionale e amministrativa. Un cockail letale, che avrebbe lentamente ucciso l’Occidente romano.
Chissà però se Valente avesse aspettato Graziano, se insomma i Romani avessero vinto lo scontro di Adrianopoli. Non sarebbe cambiato nulla? Oppure oggi parleremmo ancora latino definendoci orgogliosamente Romani? Non lo sapremo mai.