Fotografia di Lorenzo Turi, Bari, 8 agosto 1991. All’incirca 20.000 albanesi sbarcarono nel porto di Bari alla ricerca di un futuro migliore nel nostro paese, l’Italia. Ci separano 33 anni da quelle istantanee, 33 lunghi anni in cui per certi versi tutto è cambiato, ma per altri nulla si è mosso di un millimetro (a buon intenditor poche parole). Non si conoscono le cifre esatte degli imbarcati sul mercantile Vlora nel porto di Durazzo il 7 agosto 1991. La stima più attendibile indica 20.000 anime circa. Cosa si lasciavano alle spalle?
L’Albania stava vivendo una stagione di timidissime ed inefficienti riforme dal 1985, anno in cui l’esecutivo di Ramiz Alia aveva preso il posto di quello capeggiato dal famigerato Enver Hoxha. Era troppo poco per una popolazione albanese arrivata al limite della sopportazione. Tanti presero in considerazione l’idea di fuggire altrove, cosa inaudita fino a poco tempo prima visto l’isolamento internazionale che gravava sull’Albania fin dai primi anni ’40. Al famoso sbarco immortalato da Lorenzo Turi l’8 agosto ne precedettero tanti altri, che da marzo interessavano la costa pugliese. Quei viaggi affrontati per disperazione, cadenzati nel tempo, avevano condotto sulla penisola decine di migliaia di profughi albanesi.
L’Italia era la meta prediletta, sia per un fattore culturale (ad esempio le nostre trasmissioni Tv erano molto seguite al di là dell’Adriatico) sia per motivi strettamente geografici. La traversata della Vlora, nave attraccata nel porto di Durazzo per scaricare lo zucchero di canna proveniente da Cuba, divenne la grande occasione (forse l’ultima) per tutti coloro che volevano lasciarsi alle spalle povertà e disagio. Così uomini, donne e bambini partirono da ogni angolo del paese balcanico per giungere nel principale scalo portuale: Durazzo. La calca fu impressionante fin da subito, tra voci urlanti e altoparlanti che invitavano a salire a bordo prima che fosse troppo tardi. Si temeva che navi come la Vlora non sarebbero più passate, ecco spiegata la congestione sui ponti d’imbarco.
Nei fatti è da imputare ai 20.000 e rotti albanesi la scelta di recarsi in Italia. Il capitano della nave si vide costretto a virare verso Brindisi. Quando le autorità italiane compresero l’entità della situazione, dirottarono l’imbarcazione verso il più capiente porto di Bari. Secondo i racconti di chi quella vicenda la visse in prima persona, alcuni non attesero l’attracco e si gettarono prima in mare, raggiungendo la banchina a nuoto. Altri ancora non ce la fecero, morendo sotto il bollente sole d’agosto.
Al danno seguì la proverbiale beffa. Dopo essere stati stipati all’interno dell’Arena della Vittoria di Bari, la maggior parte dei migranti fu fatta rimpatriare con l’inganno. Le autorità dissero loro di star preparando un trasferimento a scaglioni nelle altre città italiane. Gli arei sui quali salirono all’incirca i 18.000 albanesi erano diretti a Tirana.
Di quell’episodio restano impresse le fotografie di Luca e Lorenzo Turi, rispettivamente padre e figlio. Gli scatti coglievano a pieno la dimensione del dramma, inspiegabile a parole. Una marea resa rossastra dal bruciore dei raggi solari. Persone di ogni età e professione chiedevano solo aiuto, perché, come dice Lorenzo Turi “avevano bisogno di tutto”. Essi erano accomunati da una prospettiva ottimistica, incentrata sul materializzarsi di un futuro migliore. Gran parte di loro visse esattamente l’esperienza opposta. Lo scatto dell’allora sedicenne Turi afferma anche questa amara verità, quantomai ricorrente nonostante siano passati 33 anni.