Alcune recenti scoperte effettuate nello stato di Santa Catarina, nel Brasile meridionale e pubblicate poi sulla rivista PLOS ONE, potrebbero facilmente riscrivere l’antica storia del Brasile. La ricerca, condotta in un sito archeologico nei pressi di Laguna, ha messo in discussione l’ipotesi secondo la quale gli antenati degli Jê meridionali avessero scacciato le comunità che avevano costruito i sambaquis, i cumuli di conchiglie e tumuli funerari, lungo la costa dello stato di Santa Catarina per più di 5mila anni.
Come potrebbe cambiare la storia del Brasile?
Secondo le recenti scoperte, gli antichi costruttori di sambaqui di Santa Catarina non furono sostituiti dagli antenati dei Jê del sud, come invece si pensava in precedenza. I sambaquis sono cumuli di rifiuti che rappresentano le “prove di un’occupazione sul lungo periodo”.
Si tratta di cumuli formati da strati di detriti di molluschi, ossa umane e ossa animali, intervallati da resti di piante e focolari, utensili in pietra e osso e altri rifiuti. Erano usati per le sepolture e per delimitare i territori.
A quanto pare c’erano molte meno interazione di quanto non si pensasse fra questi costruttori di sambaquis e le popolazioni proto-Jê. Le loro pratiche funerarie e la tipologia di ceramiche erano diverse.
Ma da dove è nata la teoria secondo la quale un gruppo etnico aveva sostituito l’altro? Ci sono siti, come quello di Galheta IV, che indicano la fine della costruzione di sambaqui. I cocci di ceramica trovati negli strati più recenti dei tumuli di questi siti ricordano la ceramica prodotta dagli antenati dei grulli indigeni dei Jê meridionali.
Da qui era scaturita l’idea della sostituzione di un gruppo etnico con l’altro. Tuttavia pare che non sia così. In realtà non si sa perché si sia fermata a costruzione di sambaqui. Si ipotizza che fattori come l’incontro con altre colture, i cambiamenti nei livelli del mare e della salinità possano aver condotto a una riduzione della fornitura di molluschi, materia prima per la costruzione di questi cumuli.
Jéssica Mendes Cardoso, prima autrice dello studio, ha analizzato nuovamente anche i materiali raccolti da un altro team fra il 2005 e il 2007. Da un tumulo erano emersi gli scheletri di quattro individui. Tramite le opportune analisi hanno stabilito che il pesce e i frutti di mare rappresentavano il 60% della dieta di questi soggetti. Inoltre erano stati sepolti dopo la cremazione, pratica funeraria usata dalle popolazioni prot-Jê meridionali.
Interessati informazioni sono arrivate anche dai resti animali presenti nei tumuli. A differenza di altri siti, in questo c’erano ossa di animali marini come albatros e pinguini e di mammiferi marini come l’otaria. Questi animali, però, non facevano parte della loro dieta quotidiana, ma erano mangiati stagionalmente durante le migrazioni. Quindi si pensa che facessero parte dei loro riti funebri visto che nessuno viveva qui, un luogo di sepoltura.
E mentre nuove datazioni hanno scoperto che il sito è più antico di quanto non si pensasse (pare che risalga a 1.300-500 anni fa e non a 1.170-900 anni fa), ecco che anche le analisi delle ceramiche trovate nel sito suggerisce il fatto che i proto-Jê fossero solamente il frutto dell’influenza culturale adottata dai costruttori di sambaqui. Questo anche perché la ceramica è molto diversa da quella trovata negli altopiani di Santa Catarina, sia come forma che come decorazioni.
Tuttavia è simile alla ceramica trovata in altri siti della costa, indice che questi oggetti erano trasportati da un posto all’altro.