Fotografia di Orlando Lagos, palazzo presidenziale de La Moneda, Santiago del Cile, 11 settembre 1973. Salvador Allende, primo presidente socialista democraticamente eletto in Cile, accompagnato dalla scorta armata e da alcuni fidati, si barrica all’interno del Palacio de La Moneda durante il golpe militare orchestrato e diretto dalla marina e dal generale Augusto Pinochet. Quel giorno la democrazia tutta si trincerò tra le stanze del palazzo presidenziale, non volendosi arrendere sotto i colpi dell’autoritarismo nazionalista.
Sul macro-evento non mi soffermerò più di tanto, perché già ampiamente coperto in passato dai due seguenti articoli, il primo sul triennio di governo del socialista Allende, il secondo sull’avvento della durissima dittatura di Pinochet. Tuttavia vorrei soffermarmi sugli attimi concitati di quella mattina dell’11 settembre 1973, quando un malcelato pessimismo delle prime ore lasciò spazio alla pragmatica rassegnazione, al concepimento di un’idea tortuosa, quasi malvagia, per la quale la democrazia in Cile sarebbe stata soppiantata da un regime autoritario di matrice militare, oppressivo dei diritti e delle legittime rivendicazioni pluraliste.
Ad immortalare il momento ci pensò Luis Orlando Lagos Vázquez, inviato speciale del New York Times. Egli, noto ai colleghi col nomignolo “Chico Lagos”, fu uno degli ultimi a scattare una fotografia al presidente cileno prima della morte di quest’ultimo. Tuttavia la paternità della fotografia (e di altre cinque ugualmente cariche di significato storico, oltre che simbolico) è rimasta sconosciuta fino al 2007. Lagos sottoscrisse con l’autorevole giornale newyorkese un contratto per il quale, in cambio di 12.000$, il suo nome non sarebbe stato associato alle fotografie fino alla sua morte. Ciò serviva chiaramente a tutelare la persona di Lagos, vista la delicatezza del ruolo e della posizione ricoperta in quell’11 settembre 1973.
Alla morte di Orlando Lagos, avvenuta il 7 gennaio 2007, il New York Times fece finta di nulla. Fortunatamente il quotidiano cileno La Nación realizzò un report speciale su Lagos, svelando al mondo intero i dettagli della vicenda. Di fronte al fatto compiuto, il quotidiano statunitense riconobbe i diritti d’autore. La fotografia che immortala Allende con l’elmetto, pronto a difendere la democrazia fino alla fine, vinse il concorso fotografico World Press Photo del 1974. Lo scatto (ufficialmente di “anonimo” in quell’occasione) ottenne il premio per la categoria “fotografia dell’anno“.
Concludo con le parole dello stesso presidente, pronunciate in occasione dell’ultimo messaggio radiofonico trasmesso da La Moneda:
“Lavoratori della mia Patria, ho fede nel Cile e nel suo destino. Altri uomini supereranno questo momento grigio e amaro in cui il tradimento pretende di imporsi. Sappiate che, più prima che poi, si apriranno di nuovo i grandi viali per i quali passerà l’uomo libero, per costruire una società migliore. Viva il Cile! Viva il popolo! Viva i lavoratori! Queste sono le mie ultime parole. Sono certo che il mio sacrificio non sarà invano, sono certo che, almeno, sarà una lezione morale che castigherà la fellonia, la codardia e il tradimento”.