Almanacco del 21 luglio, anno 1774: presso la città di Küçük Kaynarca, oggi in Bulgaria, Russia e Impero Ottomano firmarono un trattato di pace destinato ad avere risvolti importantissimi per la storia successiva. Diversi storici, infatti, lo assumono come data di inizio della Questione d’Oriente, la grande partita politica, diplomatica e militare per accaparrarsi i territori del decadente Impero turco-ottomano. Vediamo dunque perché questo accordo di pace, sconosciuto ai più, abbia assunto una tale rilevanza.
Alla fine del XVIII secolo l’Impero Ottomano cominciava a mostrare i primi segni di decadenza. L’incredibile spinta espansionistica che aveva accompagnato i primi secoli della sua esistenza era ormai esaurita. Un secolo prima avevano subito una serie di concenti sconfitte che erano costate la perdita dell’Ungheria a favore degli Asburgo d’Austria. Ma la minaccia maggiore per i Turchi giungeva da nord-est.
La Russia, potenza in grande ascesa nel corso dei Settecento, ambita ad espandersi a sud verso i Balcani per arrivare al controllo degli Stretti e al Mar Mediterraneo. Il gigante rutenico, infatti, contava già allora una smisurata estensione territoriale, ma tutte le sue coste si affacciavano su mari freddi. Essi di inverno congelavano, vanificando ogni possibilità di sfruttarli per commerciare. Già il Mar Nero, molto più vicino ai territori russi rispetto al Mediterraneo, rimaneva libero dai ghiacci tutto l’anno. Tuttavia, l’unica via di accesso erano gli stretti del Bosforo e dei Dardanelli, controllati proprio dagli Ottomani.
Le velleità di Mosca la portarono a scendere sul campo di battaglia contro i Turchi. La guerra del 1768-1774 si concluse con una schiacciante vittoria per i Russi. Presso la città di Küçük Kaynarca le delegazioni dei due Paesi si incontrarono per siglare la pace. Esso prevedeva la cessione della Crimea alla Russia e riconosceva al monarca russo un’autorità morale di tutela sui sudditi ottomani ortodossi. Questa clausola aprì una stagione di ingerenza della Russia, e poi anche di altre potenze occidentali, negli affari interni dell’Impero Ottomano (politica seguita anche dalla Francia). La Russia poteva quindi utilizzare gli ortodossi ottomani come quinta colonna per indebolire dall’interno la Turchia.
Le umilianti clausole dell’accordo misero a nudo tutta la debolezza diplomatica e militare di Costantinopoli. Inoltre, il trattato andò anche ad alterare i già precari equilibri del multietnico impero turco. La possibilità concessa alla Russia di intervenire in difesa delle popolazioni cristiane ottomane comportò un progressivo riaccendersi dei nazionalismi, protetti dalla Russia. Di fronte alle sempre più pressanti ingerenze straniere, anche la maggioranza turco-musulmana della popolazione ottomana si irrigidì, divenendo meno tollerante verso le minoranze. Questo innescò un effetto a catena che portò a politiche di pulizia etnica che sarebbe sfociato nel tragico genocidio armeno.