“Ricomincia a piovere; sta….la pioggia era un po’ diminuita. I motori posteriori girano quel tanto che basta per tenerlo su…..E’ andato in fiamme! E’ andato in fiamme e sta precipitando, sì! Sta schiantando! Attenzione! Attenzione voi! Toglietevi di mezzo! Toglietevi di mezzo!“. Con tali parole intrise di suggestione e di terrore Herbert Morrison inizia il suo racconto radiofonico del disastro del dirigibile Hindenburg. Sono le 19.25 del 6 maggio 1937. Uno dei più grandi aeromobili mai costruiti, un prodigio ingegneristico per l’epoca, è completamente distrutto dalle fiamme nel giro di pochi secondi. Ma che cosa successe quel maledetto giorno?
Il LZ 129 Hindenburg vide la luce fra il 1935 e il 1936 per opera dell’azienda tedesca Zeppelin, fondata nel 1908 dal pioniere del dirigibile, Ferdinand von Zeppelin. Era stato dedicato a Paul von Hindenburg, presidente della repubblica tedesca, nonché grande generale della Prima Guerra Mondiale. Per la Germania costituiva un vero e proprio orgoglio nazionalistico e lo stesso governo di Berlino aveva contribuito alla realizzazione dell’aeromobile. Già nel suo volo inaugurale aveva dimostrato le sue straordinarie doti, compiendo la traversata transatlantica in tempo record.
Nel 1937 l’Hindenburg stava compiendo un’altra volta la tratta fra la Germania e gli USA. Giunto presso la stazione aeronavale di Lakehurst, nel New Jersey, iniziano le operazioni di attracco. Ma improvvisamente, il dirigibile esplode e nel giro di pochi secondi le fiamme lo divorano completamente. A bordo si scatena il panico: chi è più vicino a portelloni o finestre riescono a salvarsi saltando a terra, mentre diverse persone rimangono intrappolate nella aree più interne. Le vittime totali del disastro ammonteranno in totale a 36, fra quelli deceduti sul colpo e quelli morti qualche giorno dopo in ospedale per le ferite riportate. L’intero incidente fu ripreso in diretta da diversi cronisti accorsi sul posto per raccontare l’attracco dell’Hindenburg. Fra loro vi era anche Herbert Morrison, la cui radiocronaca, citata all’inizio, rimase iconica.
Sulle cause del disastro si è dibattuto a lungo. Alcuni parlarono di sabotaggio americano contro il governo nazionalsocialista della Germania, altri a motivi legati alla composizione fisica dell’aeromobile. Originariamente era stato progettato per ospitare elio. Tuttavia, in seguito di un embargo statunitense su questo gas alla Germania si decise di riempirlo con l’idrogeno, altamente infiammabile. Alcuni testimoni oculari, inoltre, riportarono di aver visto delle luci blu lampeggiare sulla coda, area da cui si originò l’incendio. Potrebbe trattarsi di fuoco di Sant’Elmo, un fenomeno elettrostatico che si manifesta durante i temporali (durante le operazioni di arrivo e di attracco era scoppiato un violento acquazzone). Perciò sarebbero state queste scintille che, entrando in contatto con l’idrogeno, avrebbero innescato l’esplosione.
Il disastro costituì un vero e proprio spartiacque nella storia dei traporti. Fu assolutamente incisivo nel declino del dirigibile e segnò una stasi nello sviluppo del trasporto aereo. Sarà poi l’aeroplano, nel secondo dopoguerra, a ridare spazio agli spostamenti in aria.