Senza dubbio l’Africa è il continente che più di tutti ha sofferto la tratta degli schiavi da parte dei commercianti europei durante il Medioevo e la modernità. Tuttavia in passato hanno fatto il loro corso altre tratte che, per motivi ignoti, sono state dimenticate dalla maggior parte delle persone. Un esempio concreto sono gli schiavi europei – orientali nella fattispecie – commerciati e deportati almeno fino al XIX secolo.
L’area geografica particolarmente interessata da questo fenomeno si estende dall’ovest danubiano fino all’est caucasico. Coloro che ressero le redini di tale commercio furono in un primo momento gli Arabi, per poi lasciare la staffetta a Bisanzio (genovesi) e agli Ottomani. Soprattutto quest’ultimi concentrarono le loro mire sulle regioni montuose del Caucaso, sul settentrione del Mar Nero, non disdegnando i Balcani e in generale le popolazioni slave.
Una delle ragioni per le quali individui provenienti dalle suddette aree divennero schiavi è da ricercare nell’avvento dei Mongoli. La travolgente espansione significò il pagamento di un tributo da parte di tutte quelle entità sovrane sottomesse al giogo mongolo; un tributo che, in alternativa alla moneta, poteva essere pagato attraverso il rifornimento di schiavi. Quest’ultimi viaggiavano poi sulle galee genovesi dalla Crimea fino ai territori sotto il controllo di Bisanzio.
Non è un caso che i porti genovesi nella zona, vedasi Caffa, vissero un periodo di splendore economico-commerciale tra il XIII e il XV secolo. Sebbene le concessioni ai genovesi terminarono per volontà ottomana, è pur vero che la Costantinopoli col turbante continuò a deportare schiavi cristiani dalla zona. Si raggiunsero numeri incredibili durante la seconda metà del ‘500: dalla Crimea partivano più di 150.000 schiavi ogni anno. Ma che fine facevano queste persone?
Gli schiavi della tratta tataro–ottomana finivano per diventare domestici, talvolta le autorità ottomane li sfruttavano come rematori per le enormi galee. Sì, ci furono esempi di schiavi di origine europea che si fecero un nome nella società mediorientale, ma non dobbiamo dimenticare come si trattasse di casi eccezionali ed isolati. Non mancarono rivolte, spesso represse nel sangue – pensiamo a tutte quelle scoppiate nelle sopracitate galee ottomane durante il XVII secolo.
La fine di questa deportazione forzata si ebbe solamente quando le potenze internazionali fecero pressioni affinché avvenisse ciò. Pressioni che si tramutarono anche in veri scontri armati. Gli esempi lampanti sono quello americano e quello inglese. Lo ripetiamo per non cadere in inutili fraintendimenti: nessuno può discutere il triste primato schiavistico africano. È giusto, anzi, sacrosanto che se ne parli denunciando gli orrori commessi, ma è anche bene non dimenticare il quadro d’insieme. Un quadro che riguarda altre zone del mondo che allo stesso modo hanno conosciuto la piaga della schiavitù.