Almanacco del 26 giugno, anno 1963: in occasione della visita ufficiale a Berlino Ovest, il presidente statunitense John Fitzgerald Kennedy pronuncia l’iconica frase “Ich bin ein Berliner”. La locuzione, che in italiano si traduce come “io sono un berlinese”, diventerà una delle più note e popolari della breve presidenza del democratico. Solamente cinque mesi più tardi Kennedy troverà la morte per assassinio nella città di Dallas, Texas.
Berlino non era una città qualunque. La storica capitale tedesca era ben addentro il territorio di competenza sovietica. Tuttavia le grandi potenze vincitrici della Seconda Guerra Mondiale, si accordarono per una spartizione amministrativa della città. Si distinsero ben presto quattro settori: uno controllato dagli USA, uno dalla Francia, uno dal Regno Unito e l’ultimo – ad est – dall’Unione Sovietica. La tensione della Guerra Fredda aumentò tra il 1948 e il 1949 a tal punto da costringere Mosca ad ordinare il blocco della città. Al gesto gli Alleati non poterono fare altro che rispondere con un ponte aereo. Si organizzarono voli umanitari per rifornire di cibo e quant’altro i settori occidentali di Berlino.
Nel 1952 Berlino era l’ultimo punto di contatto tra Est ed Ovest; ovunque il confine si era militarizzato, segnando una spaccatura tra i due blocchi. Si spiegò così la fiumana di gente che tra anni ’50 e primi anni ’60 abbandonò la DDR per la BRD. Un salasso demografico – come lo hanno chiamato alcuni degli storici più noti dello scorso secolo – che scaturì nella Repubblica Democratica Tedesca una cronica mancanza di forza lavoro e di conseguenza la minaccia di un collasso economico. Per porre rimedio a questa situazione Walter Ulbricht, il primo storico leader della Germania Est, nel 1961 fece disseminare il confine tra le due parti della capitale di filo spinato. Nel giro di pochi mesi il fil di ferro si tramutò in cemento armato: nasceva il Muro di Berlino.
Il neoeletto presidente americano, ossia il democratico Kennedy (già scottato dalla Baia dei Porci e immerso nei preparativi per l’invio di truppe in Vietnam), sostenne con fermezza la causa di Berlino Ovest e della Bundesrepublik Deutschland. Sostegno e supporto morale che con un grande discorso datato 26 giugno 1963 J.F.K. comunicò ai berlinesi occidentali, a tutti gli effetti cittadini di un enclave nell’Est. Parlando dal balcone del Municipio di Schöneberg (allora sede dell’amministrazione comunale), il presidente americano disse: “Duemila anni fa l’orgoglio più grande era poter dire ‘civis Romanus sum’. Oggi, nel mondo libero, l’orgoglio più grande è dire ‘Ich bin ein Berliner‘. Tutti gli uomini liberi, dovunque essi vivano, sono cittadini di Berlino, e quindi, come uomo libero, sono orgoglioso delle parole ‘Ich bin ein Berliner!”.
Non poche critiche piovvero sul discorso di Kennedy. Quelle parole avevano un peso specifico notevole. Da una parte il presidente USA riconosceva lo status quo nella città di Berlino. Così facendo però disconosceva gli accordi di Potsdam e dunque la quadruplice amministrazione del territorio berlinese. Leggendo tra le righe, i termini utilizzati da Kennedy alludevano chiaramente ad una legittimazione di Berlino Est in quanto facente parte della Germania Est e del blocco sovietico. A tutti gli effetti si trattava di un riconoscimento ufficiale.
L’eredità di quel monologo così incisivo è ancora oggi sotto gli occhi di tutti, o sarebbe più corretto dire, sotto i piedi di tutti! La piazza in cui J.F. Kennedy tenne il discorso è l’odierna Kennedyplatz.