Nominare il termine “cannibalismo” oggi lascia volare in alto la fantasia, con l’immagine cinematografica che molti di noi hanno dopo aver visto di cosa è capace Hannibal Lecter o fino a che punto si ridussero, cambiando completamente prospettiva, i sopravvissuti al disastro aereo delle Ande. Tuttavia si tende spesso a dimenticare come il cannibalismo, nella sua forma rituale, fu una caratteristica di alcune formazioni tribali o addirittura di intere culture del passato. L’argomento può rappresentare fonte di disagio, me ne rendo conto, ma a livello antropologico lo studio del medesimo conduce alla rivelazione di sorprendenti aspetti dello sfaccettato comportamento umano in ambiti quali la sopravvivenza o l’attuazione di specifiche pratiche rituali. Osserviamo, in estrema sintesi, 5 interessanti casi di studio.
1) La tribù Fore, Papua Nuova Guinea. Sull’altopiano orientale della Papua Nuova Guinea vive la tribù Fore. A lungo questa si è resa protagonista di una pratica di cannibalismo insolita ed inquietante agli occhi di un esterno. Noto come endocannibalismo, questa macabra tradizione si fondava sulla credenza che lo spirito potesse trasferirsi da corpo a corpo e sull’elaborazione mistica di una malattia diffusasi presso la comunità, ovvero il Kuru. Alla morte di un individuo seguiva un’elaborata festa funeraria. Durante la suddetta, i familiari del defunto avrebbero mangiato il suo cervello. La controindicazione di questo rito di passaggio era però la diffusione del Kuru, ossia di una malattia neurodegenerativa contratta per via del consumo della materia cerebrale. Per non estinguersi i Fore, incoraggiati da assistenti occidentali, abbandonarono la pratica deleteria nel XX secolo.
2) Gli Aghori, India. La setta induista di derivazione scivaita nota come Aghori pratica ancora oggi il cannibalismo. Questa sorta di estremismo ascetico è associato a delle pratiche spirituali non convenzionali che attirano un’attenzione mediatica senza precedenti. Il sistema di credenze degli Aghori è molto complesso, esso trascende i concetti di purezza e impurità e abbraccia tutti gli aspetti dell’esistenza (considerata divina in tutto e per tutto). Ritengo sia necessario specificare come non tutti gli Aghori pratichino il cannibalismo (considerato atto esagerato in una setta già di per sé radicale). Coloro che si cibano dei resti di un defunto lo fanno perché credono nell’assorbimento di una particolare energia spirituale proveniente dalle carni del morto. La setta degli Aghori è ad oggi una delle più controverse e fraintese. Non è difficile capire perché.
3) Gli Xixime, Messico. Nelle odierne regioni messicane di Sonora e Sinaloa, a nord-ovest del paese, in un tempo anteriore all’avvento dei Conquistadores proliferavano le tribù Xixime. Recenti studi archeologici hanno rivelato la veridicità dietro un loro tratto culturale fino ad oggi considerato mistificato, falso per lo più: il cannibalismo. Quello che praticarono gli Xixime fino al XVI secolo fu tuttavia una sorta di “cannibalismo xenofobo”. Durante l’annuale festività del raccolto, clan rivali si facevano la guerra. Chi la spuntava, poteva cibarsi letteralmente degli avversari attraverso la preparazione di zuppe di carne umana. I primi missionari cristiani riportarono nei loro scritti questa tradizione, ma nessuno volle credere ad una cosa del genere. Perché si definisce il cannibalismo degli Xixime “xenofobo”? Semplice, perché la pratica riguardava solo i clan della tribù, considerati degni di essere mangiati. Gli stranieri, i forestieri, chiunque non fosse uno Xixime non poteva godere dello stesso privilegio…
4) I Magdaleniani, Europa. Nella Grotta di Gough, nel Regno Unito, gli archeologi hanno rinvenuto ossa appartenenti a cacciatori-raccoglitori vissuti tra i 17.000 e i 12.000 anni fa, durante il Paleolitico superiore. La particolarità delle ossa sta in un dettaglio: presentano segni di morsi umani. Ora, esistono due correnti di pensiero: o i Magdaleniani praticavano una forma arcaica di antropofagia rituale o, in seconda analisi, erano talmente tanto a corto di cibo che finirono per mangiarsi a vicenda. Il dibattito è ancora in essere.
5) Le tribù delle isole Figi. Fino al XIX secolo alcune tribù delle meravigliose isole Figi si contraddistinsero agli occhi degli europei ivi giunti per l’antropofagia. Era un’usanza culturale e religiosa, legata alla strutturazione della loro società e ai rapporti di forza tra gli uomini. Consumare la carne dei nemici sconfitti era un modo per appropriarsi del loro vigore, della forza non dissipata nel combattimento. Anche qui è bene dire come questo del cannibalismo non fosse una prerogativa culturale di tutte le tribù autoctone e come, a scanso di equivoci, rappresentasse un evento d’eccezione, molto raro e strettamente ritualizzato.