La Svezia del Novecento è un paese che ha un’alta considerazione di se stesso e che crede nel valore delle proprie istituzioni. Un luogo in cui la società è perfettamente incastrata nelle dinamiche democratiche e che non ha tanti motivi per essere disillusa. Eppure parliamo della stessa nazione in cui senza un valido consenso dei soggetti, il più delle volte all’oscuro del trattamento medico-chirurgico, si procedette con la sterilizzazione forzata (anche detta obbligatoria) di decine di migliaia di persone. Ciò accadde dal 1906 al 1975, con un picco dei casi durante i delicatissimi anni ’40. Ancora oggi lo stato scandinavo fa i conti con i fantasmi del passato, ma non è facile convivere con questa pesante eredità.
Si può dire come tutto nasca nel primo decennio del XX secolo, con la fondazione della Società svedese per l’eugenetica (Svenska sällskapet för rashygien). L’anno è il 1909 e i tempi sono maturi in tutta Europa per le sperimentazioni eugenetiche volte al miglioramento della qualità genetica di una data popolazione umana. L’operatività della società di cui sopra apre la strada all’Istituto statale di biologia razziale nel 1922 (Statens institut för rasbiologi).
Il connubio, unito alle avventate ma popolari teorie dei coniugi Myrdal (miglioramento statale tramite interventi di tipo sociale, anche intrusivi se necessario, come l’ispezione ordinaria casa per casa con lo scopo di valutare la crescita e lo stato di salute dei bambini), permette all’esecutivo socialdemocratico svedese di varare nel 1935 una legge sulla sterilizzazione forzata di massa.
Quella che a noi pare un’assurdità da terzo mondo, all’epoca assumeva i connotati di una politica avveduta, attenta al benessere del cittadino. D’altronde nelle parole dei Myrdal si evincevano tutti i vantaggi della riforma sanitaria: la sterilizzazione obbligatoria avrebbe precluso la nascita di eventuali bambini malati; così lo Stato non avrebbe speso per il loro mantenimento, che solitamente è più dispendioso rispetto a quello di un neonato privo di difetti fisici o mentali.
La nuova legislazione comportò la formazione di più consultori. Inoltre le famiglie furono scoraggiate dal procreare. Superata la soglia dei tre bambini, scattavano dei controlli statali che avrebbero analizzato lo status familiare. Se considerato sotto la soglia minima di accettabilità, partiva la sterilizzazione forzata, spesso un’esclusiva femminile – ma gli uomini non furono esenti dal trattamento.
Il procedimento trovava una triplice giustificazione agli occhi del governo in caso: 1) Medico, se malattie croniche o una costituzione debole avesse potuto mettere in pericolo la vita di una donna in gravidanza. 2) Eugenetico, se l’individuo si mostrasse “socialmente instabile”, affetto da disturbi mentali o limitanti disabilità fisiche. 3) Sociale, se l’individuo avesse palesato comportamenti antisociali, come la transessualità o l’omosessualità.
Ma nell’atto pratico, quale era il procedimento standard che portava all’operazione? Bastava un controllo veloce, il verdetto negativo sottoscritto dal medico e firmato in un apposito documento, la controfirma di un secondo specialista e via con l’operazione chirurgica. Si procedeva con l’asportazione delle gonadi per entrambi i sessi, ma al paziente si sarebbe detto altro, ovvero che l’operazione aveva come scopo la prevenzione di gravi malattie ed il mantenimento di una buona salute. Spesso i medici eludevano le prerogative prima enunciate e sottoscrivevano il “trattamento” dopo test dell’intelligenza che definire ambigui è poco. Essere violenti, alcolisti, cagionevoli, persino sporchi: ecco quanto bastava per finire sotto i ferri svedesi.
Le stime sul numero totale dei casi sono discordanti. Stoccolma ha istituito una commissione d’inchiesta tra la fine degli anni ’90 e i primi del 2000. Questa ha evidenziato le seguenti statistiche, che riporto integralmente qui di seguito: 15.000 sterilizzazioni avvenute sotto condizione di sequestro. 6.000 interventi coercitivi. 30.000 volontari o su richiesta esplicita dei soggetti (o chi per loro, come familiari e tutori legali). Al termine dell’investigazione statale, la Svezia ha avviato un programma di risarcimento statale per le famiglie maggiormente coinvolte. Ecco cosa succedeva nella moderna, avanzata ed esemplare Svezia, neppure sessant’anni fa.