Incanto e meraviglia, questo è ciò che si prova di fronte il Tempio d’Oro di Amritsar, nello stato indiano settentrionale del Punjab. Gli aggettivi si sprecano per descrivere la bellezza del luogo di culto in assoluto più sacro ai fedeli Sikh. L’India è terra di tesori inestimabili, alcuni dei quali stranamente poco noti. Forse il Tempio d’Oro appartiene a quest’ultima categoria. Perciò l’intento è quello di svelare la storia e il significato che si celano dietro questo edificio, centrale per gli oltre 20 milioni di sikh che si riversano quotidianamente dinnanzi i suoi quattro portoni.
Una storia, quella dello Sri Harmandir Sahib (nome originale in lingua punjabi del luogo di culto; il termine “Tempio d’Oro” è di conio occidentale), che parte da molto lontano. La sua origine si deve infatti al quarto Guru del Sikhismo (una sorta di suprema guida spirituale), Guru Ram Das (1534-1581). Egli scavò una cisterna a cui diede il nome di Amritsar (letteralmente “laghetto del nettare dell’immortalità”). La città che si formò attorno al bacino assunse la medesima denominazione.
Questo punto però era immerso nel verde della foresta e, benché si presentasse fin da subito come area venerata, appariva sprovvisto di un tempio adeguato. A trovare la soluzione fu il Sufi di Lahore, tale Hazrat Mian Mir. Costui diede inizio all’edificazione di un centro cultuale degno della sacralità del luogo. La costruzione durò circa vent’anni, con la conclusione dei lavori che si attesta al 1601.
Le dorature e le squisitezze in marmo sono di molto posteriori. Infatti fu il maharaja Ranjit Singh del Punjab (1780-1839), fondatore dell’Impero Sikh, a rivestire i piani superiori del tempio con ben 750 kg d’oro fuso. Se l’aspetto esteriore colpisce per sfarzo e magnificenza, anche il lato religioso svolge il suo bel ruolo. Non è cosa da poco rappresentare il sancta sanctorum per la quinta religione del mondo per numero di praticanti. Centinaia di migliaia di fedeli sikh o semplici curiosi circondano quotidianamente il palazzo o le vicine acque miracolose.
Per dirigersi al suo centro, sia devoti che visitatori devono restare a piedi nudi. A differenza di La Mecca, lo Sri Harmandir Sahib è accessibile a chiunque, senza distinzione di fede. Un messaggio ben chiaro, comprensibile anche per via del quadruplice accesso. I portoni sono stati costruiti in direzione dei quattro punti cardinali, proprio a simboleggiare l’apertura verso il mondo esterno nonché l’abbattimento del sistema delle caste (rigettato dai sikh). All’interno del tempio si possono osservare i testi più sacri del Sikhismo come il Guru Granth Sahib o altri testi dall’elevatissimo valore filosofico-religioso.
Qualcuno tra voi ricorderà come il Tempio d’Oro di Amritsar si impose all’attenzione mediatica mondiale nel 1984. Tra il 3 ed il 6 giugno di quell’anno, in seno all’Operazione Blue Star, l’esecutivo indiano guidato dal Primo Ministro Indira Gandhi ordinò l’assedio del Tempio d’Oro con lo scopo di catturare il militante separatista sikh Jarnail Singh Bhindranwale, accusato di terrorismo. L’operazione provocò la morte di 1.400 civili e 90 militari. Inoltre fu deleteria per la tenuta della struttura e a maggior ragione per il Sikhismo tutto, il quale da allora cova un profondo risentimento per il governo centrale di Nuova Delhi. Indira Gandhi venne poi assassinata da due guardie del corpo di fede sikh. Il gesto provocò a sua volta un inasprimento delle sommosse anti-sikh in tutto il subcontinente, causando la dipartita di 10.000 praticanti circa.