Esattamente un anno prima di morire, Sir Frederic Leighton dipinse Flaming June (traducibile in Avvampante giugno o Giugno fiammeggiante). La tela non piacque quasi a nessuno, perché considerata impersonale ed asettica, lontana persino dai monumentali canoni della pittura vittoriana. Forse per questo motivo e per la morte inaspettata di un seppur anziano Leighton nel 1896, l’opera si consegnò involontariamente tra le cupe braccia dell’oblio. Fu la riscoperta nei primi anni ’60 dello scorso secolo a rappresentare per il dipinto un nuovo inizio. La donna che veste d’arancio oggi è sinonimo di capolavoro, splendore artistico di una raffinatezza disarmante, esempio illustre della matura arte vittoriana.
La storia prima di tutto, come sempre d’altronde. Frederic Leighton in principio volle inserire il soggetto di Avvampante giugno come dettaglio di un’opera maggiore: Sonno estivo. L’artista si affezionò all’opera, decidendo di dar vita ad un dipinto autonomo. Il quadro poté dirsi realizzato già durante gli ultimi mesi del 1895, per la gioia del suo creatore e delle sue tasche. Sì, perché all’indomani della sua morte (gennaio ’96) i redattori del giornale artistico The Graphics acquistarono l’olio su tela 120×120 cm. Da lì, non si sa bene secondo quali vie, l’opera finì in un’esposizione targata Ashmolean Museum di Oxford. Un onore riservato a pochi, che tuttavia non garantì alla creazione di Leighton successive fortune e riguardi. Tutt’altro.
Di essa si persero completamente le tracce fino al 1960, anno in cui degli anonimi fanno risalire il primo “avvistamento” della tela all’interno di una casa di Battersea, quartiere sud-occidentale di Londra. Addirittura gira una voce per la quale il produttore britannico Andrew Lloyd Webber avrebbe adocchiato il dipinto, innamorandosene all’istante. Essendo senza un soldo, chiese alla nonna 50 sterline per l’acquisto. La nonna non concesse il prestito asserendo “Non avrò della spazzatura vittoriana nel mio appartamento”. Leggenda o verità, la scarsa considerazione dell’anziana fu l’atteggiamento che molti altri, prima di lei, adottarono di fronte a Flaming June, compartecipando al suo abbandono.
Nel 1963 Luis A. Ferré, un magnate portoricano in viaggio nel Vecchio Continente, acquista Avvampante giugno per meno di 1.000 $ in una casa d’aste olandese. Adeguatamente imballata la tela attraversò l’Atlantico, giungendo a Porto Rico, e per la precisione nel Museo d’Arte di Ponce. L’ente museale ancora oggi ne conserva la proprietà, pur cedendo l’opera in prestito quasi a cadenza annuale. Incredibile ma vero, è a Porto Rico che la fama raggiunge il capolavoro di Leighton, a più di 70 anni dalla sua dipartita. Consacrazione della bella dormiente è senz’altro l’esposizione del 2009 al Prado, dove molti critici conclusero che per forma, colori e iconografia, il quadro fosse l’emblema del movimento artistico vittoriano.
Si è parlato pocanzi di forme, di colori e di scelta stilistica nella composizione dell’immagine. Il perché è sotto gli occhi di tutti. Il soggetto dell’opera, di chiara ed evidente ispirazione classica, è una donna che riposa su di un divanetto marmoreo. Sullo sfondo il mare è quieto, bagnato d’oro per utilizzare una fortunata perifrasi dello storico dell’arte Andrew Graham-Dixon. Il tramonto irradia la scena col suo rossore che ben si sposa con l’arancione della veste. La semitrasparenza di quest’ultima lascia all’osservatore spazio di manovra per indovinare le forme della bellissima ninfa. Il dettaglio dell’oleandro in alto a destra è simbolismo puro: la morte e il sonno, una differenza apparente per il fatalista Leighton.
Non è difficile meravigliarsi di fronte al contrasto del candido marmo con l’acre della vestaglia. Così come è assai complicato non sottolineare l’oggettivo realismo del tessuto, che nasconde quanto può ma che traspare quanto basta per non scadere nell’erotismo, sorvolando con dignità il largo campo della sensualità. Avvampante giugno probabilmente fu per Leighton il sogno di un’estate, l’ultima della sua vita.