La figura di Giulio Cesare è una delle più centrali ed importanti dell’intera parabola storica romana. Fu prima generale, poi politico, ma anche console e dittatore. Insomma, c’è ben poco da discutere sulle sue doti politico-militari. Anche a livello letterario abbiamo delle testimonianze importanti contenute nel suo De Bello Gallico, ma oggi comunque, al centro dell’attenzione c’è Gaio Crastino, un suo centurione.
Per comprendere al meglio la faccenda dobbiamo partire da quello che passò alla storia come il Primo Triumvirato. Stiamo parlando del primo accordo di Cesare con Pompeo e Crasso. Proprio quest’ultimo morì nel 53 a.C, invalidando l’accordo che non aveva più molto senso di esistere.
Il senato allora, sulla spinta di Pompeo, provò a costringere in tutti i modi Cesare ad abbandonare i propri poteri proconsolari. Chiaramente una figura del suo calibro non cedette, e scoppiò la guerra civile. Cesare era alla testa dei populares, Pompeo a quella degli Optimates. Il primo sosteneva le istanze del popolo, il secondo quelle dell’aristocrazia.
Arriviamo quindi alla decisiva Battaglia di Farsalo, il 9 agosto del 48 a.C. La vicenda ce la racconta Plutarco, in Vita di Cesare. L’autore introduce la figura del centurione Gaio Crastino, che aizzava i suoi soldati e li invitava a competere tra di loro in valore. Allora Cesare intervenne direttamente, chiamandolo per nome, come era solito fare con i suoi soldati fidati.
“O Gaio Crissino“, gli disse, “Quali speranze abbiamo, e come stiamo a coraggio?“. Quest’ultimo, alzando il braccio destro in segno di saluto, rispose in maniera a dir poco epica: “Sarà una splendida vittoria, o Cesare. Quanto a me, oggi, o vivo o morto, mi ringrazierai“. Sarà una nefasta previsione.
Il centurione, ci racconta sempre Plutarco, si gettò nella mischia e si aprì un varco. Uccise un numero considerevole di “nemici” (era pur sempre una guerra civile) ma finì male. Una spada lo trafisse dalla bocca alla nuca, e Crastino mori sul campo. In realtà aveva però ragione, Cesare alla fine trionfò, e probabilmente lo ringraziò pure. La sua predizione si avverò, non esattamente come sperava forse.