Mai sottovalutare l’ingegno e le abilità tecniche degli antichi. Un monito, questo, che le varie Yakhchal sparse per tutto l’estremo est del Medio Oriente vogliono ribadire alla contemporaneità, il più delle volte accecata da una presunta superbia tecnologica che oserei definire fastidiosa. In passato affrontammo l’argomento della conservazione degli alimenti tramite refrigerazione (i romani conoscevano tecniche avanzate a riguardo, come dimostrano alcuni ritrovamenti in Bulgaria) e oggi ritorniamo sul tema, ma da una prospettiva nuova e per certi versi inaspettata. Protagonisti indiscussi sono gli ingegneri persiani del IV secolo a.C., capaci di conservare il ghiaccio nel bel mezzo del deserto. Come? Beh, non ci resta che scoprirlo!
Si hanno testimonianze scritte ed iconografiche delle “Yakhchal” (o “yakh-chāl“, lett. “fosse del ghiaccio”) risalenti al IV secolo a.C. quando l’Impero Achemenide raggiunse il suo apogeo sotto il re dei re Dario I. I persiani dell’altopiano iranico svilupparono una tecnologia per ovviare ad un problema plurisecolare: la conservazione degli alimenti a fronte di climi estivi torridi. La chiave di tutto, ovvero il ghiaccio, era a portata di mano ma solo ed esclusivamente nelle zone montuose e durante la stagione invernale. Era necessario escogitare un piano per trasportare, mantenere ed usufruire liberamente di quell’elemento imprescindibile per il refrigerio e la conservazione.
Fu così che nacquero le già citate Yakhchal. L’ingegneria achemenide si superò: vennero costruite delle torri cilindriche, talvolta dall’estremità a forma di cupola, utilizzando il Sārūj (un impasto di sabbia, argilla, albume d’uovo, lime, pelo di montone e cenere in date proporzioni). La miscela godeva di una duplice ed essenziale proprietà: resistività termica ed impermeabilità.
Suddette strutture si sviluppavano in senso verticale, procedendo anche per diversi metri sotto la superfice terrestre. Le ghiacciaie accoglievano al loro interno blocchi di ghiaccio (proveniente dalle montagne iraniche, trasportato e stipato solo in inverno). Attraverso un complesso sistema di raffreddamento passivo, le temperature interne alla camera di conservazione era costantemente basse.
Il vano sotterraneo (che raggiungeva anche i 5.000 m³) era dotato di pareti spesse fino a due metri. L’area di raffreddamento presentava un collegamento inferiore ad un qanāt (condotto idrico sotterraneo) ed uno superiore alla cosiddetta “torre del vento”.
Non tutti le Yakhchal presentavano lo stesso sistema di refrigerazione. Le più avanzate, poste ai confini delle principali città e dunque in prossimità del deserto, erano in grado di formare autonomamente il ghiaccio. Molte di queste strutture dall’eccezionale valore ingegneristico sono ancora in piedi in Iran ed Afghanistan. Una minima parte (solo quelle iraniane) svolge addirittura tutt’oggi il suo dignitoso lavoro.