Infuoca la Guerra dei Sette Anni (1756-63) e la nave Galatée salpa dal porto di Bordeaux alla volta del Québec. È il 1758, l’Atlantico per quanto vasto non è proprio il luogo più sicuro del mondo: le principali potenze europee se le danno di santa ragione in quello che per molti è il vero primo conflitto mondiale. Francia e Inghilterra non sono da meno. Fatto sta che alcuni galeoni della Royal Navy intercettano l’imbarcazione francese, costringendola alla resa e prendendo prigionieri i marinai. Gli ufficiali britannici ordinano la confisca del carico, che verrà depositato nell’Ammiragliato di Londra. Stipate nella nave ci sono un centinaio di missive, scritte da fidanzate, madri, mogli ed amici, che avrebbero dovuto raggiungere il fronte americano. Fin qui nulla di particolare, se non fosse per il fatto che quelle lettere francesi sono rimaste inedite fino ad oggi, 266 anni dopo!
Il merito della scoperta lo si deve allo storico, nonché professore transalpino presso l’Università di Cambridge, Renaud Morieux. Frugando tra gli archivi impolverati di Sua Maestà, il ricercatore ha posato lo sguardo su un fagotto rilegato contenente delle lettere apparentemente datate. Le corrispondenze, mai consegnate, sono state perciò aperte e studiate per la prima volta. I documenti scritti sono oltre 100 (102 per l’esattezza) e rappresentano uno spaccato della vita sentimentale e quotidiana di persone vissute più di due secoli e mezzo fa.
“Potrei passare la notte a scriverti… Sono tua moglie fedele per sempre. Buona notte, mio caro amico. È mezzanotte. Penso che sia ora che riposi”. Queste le parole di Marie Dubosc, moglie del primo tenente della Galatée Louis Chambrelan. L’inconsapevolezza sull’arresto del marito avrebbe gravato per sempre sulla vita di Marie, morta nel 1759 a Le Havre. Lui, liberato nel 1761, si sarebbe risposato di lì a poco.
“Non vedo l’ora di possederti. Tua affettuosa moglie Nanette”. Piccanti i toni di Anne Le Cerf, fidanzata di un ufficiale fuori servizio ma comunque in territorio nordamericano, tale Jean Topsent. Nel corpus epistolare esistono tante lettere del genere, osé per così dire, che tuttavia non trovano spazio di pubblicazione per motivi comprensibili. Il professor Morieux sottolinea come le lettere francesi presentino una grafia tutt’altro che lineare e composta, manchino di correttezza grammaticale così come di punteggiatura e maiuscole. Inoltre chi scriveva ci teneva a coprire ogni spazio bianco del supporto cartaceo. Un modo per “non buttar via niente”, si può dire.
Una madre 61enne rimproverava suo figlio per la scarsa considerazione che quest’ultimo aveva della famiglia lontana: “Penso più a te che tu a me. In ogni caso ti auguro un felice anno nuovo, pieno di benedizioni del Signore”. Il messaggio non raggiunse mai Nicolas Quesnel, che morì sul campo di battaglia a metà del 1758.
Concludo con le parole dello storico francese autore della curiosa scoperta: “Queste lettere parlano di esperienze umane universali e non riguardano solo la Francia o il XVIII secolo. Rivelano come tutti noi affrontiamo le principali sfide della vita. Quando siamo separati dai nostri cari a causa di eventi al di fuori del nostro controllo, dobbiamo capire come rimanere in contatto, come rassicurare, come prenderci cura delle persone e mantenere viva la passione. Oggi abbiamo Zoom e WhatsApp. Nel Settecento le persone avevano solo le lettere. Eppure ciò di cui scrivevano sembra molto familiare”.