Almanacco del 24 maggio, anno 1915: il Piave mormorava calmo e placido al passaggio dei primi fanti diretti al fronte. Quel giorno, la dichiarazione di guerra all’Austria-Ungheria decretava l’ingresso dell’Italia nel Primo conflitto mondiale.
Al momento dello scoppio della Grande Guerra nell’estate del 1914, l’Italia aveva scelto di rimanere neutrale, nonostante fosse alleata da oltre trent’anni con Germania e Austria-Ungheria. Ma si trattava di un patto molto fragile che prevedeva sostanzialmente la mutua solidarietà difensiva. Nel caso in cui uno dei contraenti fosse stato aggredito da un Paese terzo, gli altri due contraenti erano obbligati ad entrare in guerra al fianco dell’alleato attaccato. Ma siccome era stata l’Austria-Ungheria ad innescare il conflitto dichiarando guerra alla Serbia, l’Italia poté sfruttare tale cavillo per rimanere fuori dai combattimenti.
Nel Paese cominciò subito a fomentarsi un nutrito dibattito interno. L’opinione pubblica, così come la classe politica, si era scissa fra neutralisti ed interventisti. I primi affermavano che l’Italia non fosse pronta al conflitto, né dal punto di vista militare né da quello economico. I secondi invece vi vedevano l’occasione più propizia per conquistare Trento e Trieste, territori italofoni che il Risorgimento non era riuscito a ricongiungere alla patria.
Fra coloro che sostenevano la discesa in campo figurava anche Gabriele D’Annunzio, che si spese molto nel perorare la causa dell’intervento bellico, il capo del governo, Antonio Salandra, e il re, Vittorio Emanuele III di Savoia. Tuttavia, nonostante le orazioni dannunziane, la platea dei neutralisti rimase nutrita, tanto nelle file popolari quando in quelle parlamentari. Per tali ragioni, l’esecutivo e il re decisero di forzare la situazione tramite un colpo di mano.
Nella segretezza più assoluta e all’insaputa dello stesso Parlamento, nell’aprile 1915 siglarono a Londra un patto con Gran Bretagna, Francia e Russia che prevedeva il passaggio di Trentino, Alto Adige, Istria e Dalmazia settentrionale all’Italia nel caso quest’ultima fosse entrata in guerra entro un mese al fianco della Triplice Intesa. Il Parlamento, posto dinnanzi al fatto compiuto, si risolse a sostenere la linea del governo e del sovrano.
Con la sola opposizione dei socialisti, il 23 maggio l’assemblea parlamentare italiana approvò l’entrata in guerra. E così il 24 maggio 1915 le truppe italiane varcarono i confini del vecchio alleato alla volta di Trento e di Trieste. Una marcia lunga ed estenuante, che si sarebbe conclusa solamente dopo tre anni e che lasciò sul campo ben 600.000 morti.