Gladio fu un’organizzazione paramilitare, caleidoscopica e camaleontica che operò in Italia tra il 1956 ed il 1990. Il 24 ottobre di quest’anno, davanti alla Commissione stragi, il presidente del consiglio Giulio Andreotti ne riconobbe l’esistenza ufficialmente, creando non poco trambusto. In realtà le vicende furono molto più complicate di così, in particolare per quanto riguardò i depositi NASCO. Di cosa si trattava?
Nasco è l’abbreviativo e nome in codice di “Nascondiglio“, e in particolare riguarda, secondo le fonti ufficiali, 139 depositi di armamenti militari sparsi per l’Italia. La maggior parte di questi (100 per la precisione) si trovavano in Friuli Venezia-Giulia. Gli altri erano sparsi per le principali regioni del nord, soprattutto verso est, e pochissimi al sud (due in puglia e uno in Campania).
Si trattava di difendere dunque la situazione delicatissima su quel confine che ereditavamo direttamente dalla prima e dalla seconda guerra mondiale. Ciò che si temeva erano le possibili ingerenze della Repubblica Federale Socialista Jugoslava di Tito e, in generale, possibili irruzioni di potenze comuniste nel territorio italiano. Ricordiamo che li vicino passava il confine della famosa “Cortina di ferro” di cui parlava Churchill.
Le armi iniziarono a confluire verso Capo Marrargiu, in Sardegna, nel 1959. Qui era presente ed attiva una struttura denominata CAG. Il Centro di Addestramento dei Guastatori, ovvero possibili sabotatori esperti addestrati a combattere come “Gladiatori”. Ma da chi venivano le armi? Chiaramente dalla CIA, che aveva non pochi interessi a mantenere saldo il controllo della Penisola Italiana.
Dal nord-ovest della Sardegna le armi passarono velocemente verso il Friuli. Qui però, nel 1973, ci fu la scoperta del primo NASCO ad Aurisina, in provincia di Trieste. Da questo momento cominciò un a dir poco problematico smantellamento dei depositi. Armi, munizioni, C4 e altri materiali bellici furono nascosti in fretta e furia nelle fondamenta delle case, in nascondigli improvvisati, nei basamenti delle chiese e addirittura in cappelle di cimiteri.
Il trambusto generato era tanto, ma il clima della Guerra Fredda lo coprì facilmente. In quegli anni la Gladio “nera” faceva da contraltare a quella che Paolo Emilio Taviani definì la “Gladio Rossa“. Si viveva nella costante paura di un possibile attacco, da destra e da sinistra. Tutti erano pronti a bilanciare. Ma molte di queste storie sono ancora nascoste.