Sono perplesso. Il ricercatore Ross Fellowes scrive un articolo scientifico (su base ipotetica; bisogna specificarlo) e lo pubblica sulla rivista Journal of Scientific Exploration. Appena il numero del magazine diviene di dominio pubblico, esplode il web. Non è complicato scoprire il perché. L’oggetto dell’articolo è improntato sulla presunta radioattività della tomba di Tutankhamon, famosissimo faraone appartenuto alla XVIII dinastia e sovrano per un decennio circa del Nuovo Regno, dal 1333 al 1323 a.C. Sorge spontanea la domanda: cosa c’è di vero nelle parole di Fellowes?
La base ipotetica, che qui sopra ho voluto sottolineare, ha che fare con la classica storiella delle maledizioni egizie che andrebbero a colpire chiunque osi profanare il sepolcro di un sovrano (ma anche di un notabile di rilievo o di un sacerdote, come si è visto in passato). Suddetta maledizione, secondo l’articolo imputato, celerebbe in realtà una conoscenza scientifica ben più avanzata di quanto il mondo contemporaneo potrebbe aspettarsi. Sì, perché Ross Fellowes ammette a caratteri cubitali come gli antichi egizi conoscessero il concetto di radioattività e lo sfruttassero per danneggiare i già citati profanatori, irrispettosi prima ancora che criminali.
Vien da sé che la tesi, divenuta presto virale, sia un po’ coraggiosa, per usare un eufemismo. Basterebbe procedere con un’analisi delle fonti per capire come qualcosa non quadri fino in fondo. Partiamo da un semplice presupposto, che da solo potrebbe smontare l’intera narrazione (ma io, che sono un dio generoso, concedo comunque il beneficio del dubbio): la rivista Journal of Scientific Exploration non è annoverata in nessuna tra le classifiche dei giornali scientifico-divulgativi più importanti e non è contraddistinta neppure da un Impact Factor (indice numerico che attesta la pubblicazione di articoli in un anno). Il dato sintetico è cosa nota alla maggior parte delle riviste scientifiche degne di tale nome. Non è così per la suddetta.
Seconda contestazione: chi caspita è Ross Fellowes? No, perché facendo una veloce ricerca sul web, compaiono solamente articoli inerenti la tomba di Tutankhamon e la sua presunta radioattività. Non c’è altro! Un po’ strano per un ricercatore di questo calibro. Evochiamo il già citato beneficio del dubbio e proseguiamo con la disamina.
L’abstract dell’articolo evidenzia come ci sia la volontà di trovare una giustificazione alle “morti misteriose“. Queste avrebbero colto fatalmente tutti coloro i quali entrarono in contatto con le spoglie del faraone. Morti che non sono affatto misteriose – e questo è un mito sfatato da tempo. Solo per dirne una: il compianto Douglas Erith Derry, colui che eseguì la prima autopsia sul corpo di Tutankhamon, si spense alla veneranda età di 87 anni. Come lui, tanti altri vennero a mancare in circostanze chiare ed evidenti, affatto velate dal mistero.
Io non mi ritengo conoscitore di una verità assoluta, anzi, so soltanto di non sapere. Quel che però tutti possono fare (e questa vicenda dimostra che anche nei piani più alti, salvo qualche rara e speranzosa eccezione, la ricerca critica delle fonti non sia un qualcosa di spontaneo…) è porsi delle domande prima di dare tutto per vero. Di fronte ad un discorso del genere non c’è uranio egizio o presunta radioattività che tenga.