Parlare di guerra non è mai facile, né tantomeno bello. Si rischia di perdersi in uno o pochi ambiti e tralasciare gli altri. Se l’argomento strettamente connesso all’ambito bellico la fa spesso da padrone, non può passare in sordina quello più di stampo sociale. L’articolo di oggi si concentrerà proprio su quest’ultimo ambito e, in particolare, sulla rivolta di Torino dell’agosto del 1917.
Torino era una realtà urbana ed industriale fra le maggiori d’Italia e con un posto di spicco in tutta Europa. La sua popolazione soffriva però una realtà molto precaria, specie nei mesi estivi di quell’anno fatidico. Cominciava infatti in quel periodo a scarseggiare l’elemento principe della dieta del popolo: il pane. Le donne, grandi protagoniste di tale sommovimento, si trovarono davanti le serrande chiuse dei rivenditori.
Non arrivava più abbastanza farina, ergo non si panificava più. Con i mariti ed i figli in guerra, bisognava provvedere in ogni caso alla propria alimentazione e quella dei propri bambini. Inoltre, nel passare di fronte alle pasticcerie più altolocate si vedevano prodotti prelibati (sempre a base farinacea) destinati ai più abbienti. I poveri morivano di fame e nelle trincee; i ricchi si ingozzavano di prelibatezze. Era troppo!
Un moto ondoso immenso cominciò a riversarsi da ogni angolo della città verso il suo centro. Una rivolta vera e propria cominciava così, spontaneamente. Anche gli uomini che si trovavano in città si affiancarono alle loro donne e ai manifestanti. Si marciava contro quello “Spettacolo della disuguaglianza” che per primo teorizzo Alexis de Tocqueville un po’ di decenni prima.
Nei giorni immediatamente precedenti alla rivolta, a Torino era passata inoltre una rappresentanza russa. Questa diffondeva idee e concetti rivoluzionari. Echeggiavano nell’area parole altisonanti e allora poco conosciute come “bolscevismo, rivoluzione e potere proletario“. Parole allettanti, che all’epoca, nella Torino del 1917, erano solo contenitori luccicanti, ma vuoti.
I socialisti piemontesi infatti, non solo non guidarono la rivolta, ma addirittura alcuni ne presero le distanza. Così, nel giro di 6 giorni la rivolta rientrò, senza portare con sé particolari danni. Ci furono saccheggi e barricate per impedire il passaggio dei soldati, ma nulla di lontanamente paragonabile a quanto, nel contempo, stava accadendo a San Pietroburgo. Torino si tinse di rosso, ma solo per pochi giorni.