L’anarchia è un concetto spinoso, gli anarchici sono personaggi scomodi. Rino Gaetano cantava “I suoi sogni d’anarchia“, altri, in epoche diverse, attentavano alla vita di sovrani e uomini di potere. La storia di Luigi Lucheni si iscrive di diritto nel novero di queste vicende. Nell’alveo degli omicidi, o meglio regicidi, importanti non si può dimenticare l’anarchico italiano nato in Francia da genitori che lo abbandonarono presto.
Figlio di una contadina romagnola e di un ricco proprietario terriero, Luigi nasceva già con una macchia non indifferente. Era un figlio illegittimo che veniva al mondo lontano dalla terra dei suoi genitori, lontano da occhi indiscreti. Da quel momento in poi la sua vita sarà un eterno peregrinare, tra orfanotrofi e famiglie di adozione. Nei primi soffriva la solitudine, nelle seconde era sfruttato per lavorare ed elemosinare.
Sembra la storia di un emarginato, sfortunatissimo figlio di tempi duri, anzi, durissimi con chi non ha molto di cui vivere. Ma Lucheni voleva lasciare una traccia indelebile tra le pagine bianche della storia. Non importava come. In giovane età comincia così a frequentare circoli anarchici dove sente parlare per la prima volta di temi roboanti. Uccidere re, mutilare i ricchi che in barba ai poveri si ingozzano di prelibatezze. Ribaltare l’ordine costituito!
Finalmente si sentiva abbracciato da qualcosa e da qualcuno, fosse esso un compagno anarchico o un’idea di rivalsa. Doveva ricambiare questo favore allora e lo voleva fare uccidendo Luigi Filippo Alberto d’Orléans, contendente al trono di Francia. Quest’ultimo passava da Ginevra nel periodo in cui vi soggiornava anche Lucheni, ma ritornò in patria prima della possibile attuazione del piano omicida.
Ancora una volta ritornava la sfortuna nella vita dell’anarchico, ma non lo sconforto. Cambiò idea e cambiò vittima: l’Imperatrice Elisabetta D’Austria, l’amorevole Sissi. Proprio lei che non voleva quel trono, che si sentiva equidistante quasi tra la causa dei nobili e quella dei più indigenti. Proprio lei che “voleva morire improvvisamente, rapidamente e, se possibile, all’estero“. Un filo rosso univa il destino dei due, e si faceva sempre più stretto.
Luigi non poteva comprare una pistola, costava troppo, così come un pugnale. Improvvisa così una lama e la nasconde in un mazzo di fiori. Il 10 settembre del 1898, alle 13 in punto, l’Imperatrice passeggiava vicino al lago in attesa di prendere un battello. La morte era però più vicina. La mano criminosa di Lucheni la raggiunse, ed esaudì il suo desiderio di morire in condizioni particolari. Fermato dalla folla, il giovane romagnolo rispose alla domanda più fatidica, il perché di quel gesto insensato. In maniera spaventosamente fredda: “Perché sono anarchico. Perché sono povero. Perché amo gli operai e voglio la morte dei ricchi“.