Almanacco del 24 aprile, anno 1955: finisce la Conferenza di Bandung. Il razzismo, il colonialismo e differenti forme di discriminazione sono condannate fortemente con eco mondiale. Nel capoluogo di provincia della Giava Occidentale, in Indonesia, 29 paesi del Sud del Mondo si uniscono con i loro rappresentanti per discutere su una terza via possibile in un’ottica che ormai era largamente ed unicamente bipolare.
Siamo negli anni centrali della Guerra Fredda, periodo cruciale e di grandi cambiamenti e sconvolgimenti nazionali ed internazionali. Il Marocco ottiene l’indipendenza dalla Francia, Nasser risponde alla alta tensione egiziana nazionalizzando il Canale di Suez e facendo scaturire la crisi mediorientale, in Ungheria scoppia la rivolta di Budapest e, ultimo, ma non per importanza, Chruščëv denuncia, nel XX congresso del PCUS, i crimini di Stalin.
L’ordine bipolare non appariva più tanto tale. C’era forte incertezza e instabilità. Allora il momento era propizio, la misura era colma. I paesi del “Sud del Mondo” ne approfittarono. A gettare l’amo furono: India, Pakistan, Birmania, Ceylon, Repubblica Popolare Cinese e Indonesia. Chiaramente le rispettive principali figure politiche ne presero parte, con chiari protagonisti.
Ad emergere furono infatti: Nehru, per l’India, Zhou Enlai per la Cina, Sukarno per l’Indonesia e lo stesso Nasser. I primi due, in particolare, furono le guide della conferenza. Per 7 giorni, tra il 18 ed il 24 aprile, si dibatté sui temi sopra accennati quali razzismo, colonialismo e azioni scellerate e discriminatorie delle potenze europee. Si sancì infatti la fine delle collaborazioni con potenze coloniali, l’opposizione ad ogni forma di razzismo e colonialismo e l’opzione pacifista nei rapporti internazionali.
Altro concetto importante era quello inerente al rispetto della sovranità territoriale e nazionale, strettamente vincolato al terzo punto della lista stilata: il riconoscimento dell’uguaglianza tra razze e nazioni, a prescindere dalla loro estensione ed economia. La lista in questione prese il nome di “Dasasila Bandung“, ovvero dieci principi di Bandung. La premessa necessaria al rispetto di tali punti sarà il progressivo affrancamento dai legami materiali (soprattutto industriali) con le grandi potenze occidentali.
Nel frattempo l’URSS, impegnata con i problemi della destalinizzazione e con i sommovimenti di Nagy in Ungheria, restava osservatrice interessata. Lenin parlava di colonialismo come “fase suprema” del capitalismo, quindi non poteva che essere interessata da tale evento mondiale. Proverà da questo momento in poi a sfruttare tali paesi come focolai per possibili esplosioni antiimperialiste e, di conseguenza, anticapitaliste.