A partire dal VI secolo la “Peste nera” è stata identificata, quasi per antonomasia, con il “male” più ripugnante e letale per l’essere umano. A ragione, si direbbe, perché per tutto il Medioevo il morbo ha rappresentato una fra le prime cause di morte nel mondo conosciuto. Basti pensare alle 30 milioni di vittime seminate dalla peste nel solo quinquennio 1347-1352, dalla Crimea fino alla Scandinavia, o alla celebre epidemia seicentesca raccontataci da Manzoni. Un flagello, quest’ultimo, che è costato la vita a un quarto della popolazione del nord della penisola.
Si capisce, allora, come mai nel XVII secolo le fonti abbiano iniziato a riferirsi a questo insieme di patologie con l’espressione “Morte nera”. Per quanto si sia tentato di unificare almeno semanticamente la percezione di queste malattie dilaganti e fuori controllo, le ondate pestilenziali ebbero manifestazioni varie. Il temuto responsabile, però, fu pressoché sempre lo stesso: lo Yersinia Pestis. Batterio riconosciuto solo alla fine dell’Ottocento, lo Yersinia Pestis si diffondeva rapidamente tramite i topi. Il contagio agli umani avveniva poi attraverso le pulci, insidiose e quasi invisibili, che i roditori trasportavano facilmente da una città all’altra.
I topi, infatti, erano frequenti compagni di viaggio per marinai e commercianti. Per secoli, dunque, sulle imbarcazioni mercantili gli uomini convissero con i principali vettori del morbo. Ma poiché la causa della Peste nera è emersa poco più di due secoli fa, per tutto il Medioevo e oltre l’assenza di appigli scientifici diede adito alla ricerca di vari capri espiatori. A subire accuse e persecuzioni sistematiche, secondo un’opinione diffusa, non furono solo i mendicanti, i frati, i lebbrosi, gli ebrei. A questa lista, a quanto pare, si sarebbero aggiunti anche i gatti. Leggenda vuole, infatti, che la superstizione e la caccia al male, in un’epoca fortemente cristianizzata per il nostro continente, abbiano fatto il resto…
Si crede, in sostanza, che i gatti siano finiti nel mirino dei Cristiani perché ritenuti i principali vettori del contagio. Gli animali un tempo venerati dai culti pagani, a quanto pare, durante le pestilenze avrebbero subito un vero e proprio sterminio da parte dei cattolici. Si tratta però di una credenza storicamente non verificabile, o almeno non del tutto. Sicuramente si può dar credito all’idea per cui l’indipendenza e l’oziosità dei felini abbiano portato, in alcuni casi, ad individuare in questi animali l’incarnazione del “Male”, cioè del demonio (e quale peggiore male, per l’epoca, della Peste nera?).
Tuttavia – concordano molti storici – non esistono testimonianze attendibili sul presunto sterminio di 400.000 gatti durante l’epidemia del XIII secolo. Ad alimentare la credenza sono state, inoltre, le opinioni a lungo circolate su una presunte bolla papale contenente l’ordine di sacrificare i felini. Il documento in questione, emanato nel 1233, alluderebbe a una seduta spiritica durante la quale Satana si sarebbe incarnato in un gatto. Tuttavia, la simbologia cristiana individuava anche in altri animali delle allegorie del Male, eppure nessuna di queste altre specie fu minacciata da provvedimenti di quella natura. Inoltre, per quanto la superstizione potesse alimentare idee stravaganti, i nostri antenati erano in grado di discernere simbolo e realtà…
In effetti la realtà storica, o meglio quella storicamente accertata, ci restituisce una verità più sfaccettata. Non solo la bolla di Gregorio IX – per altro in un periodo stranamente privo di epidemie nella penisola – non contiene alcuna dichiarazione di guerra ai felini, ma, per di più, alcuni manoscritti medievali provenienti da monasteri ci raccontano una convivenza pacifica, e persino piacevole, fra l’uomo di chiesa e il gatto. Per risolvere la questione, allora, conviene pensare che per secoli, in assenza di spiegazioni scientifiche sull’irrefrenabilità del morbo, le persecuzioni dei gatti devono aver rappresentato una giustificazione “ragionevole” alla difficoltà dell’uomo nel contrastare i contagi. Spiegare il dilagare dei topi infetti con la morte in massa dei loro principali predatori deve essere apparsa una spiegazione non opinabile, in tempi molto al di qua della scoperta dello Yersinia Pestis.