Almanacco del 10 aprile, anno 1919: attirato a tradimento in un’imboscata, muore assassinato il rivoluzionario messicano Emiliano Zapata, figura di spicco della rivoluzione decennale iniziata nel 1910 e terminata nel 1920. Questo macro-evento, in cui si inserisce l’originale esperienza zapatista, è considerato ad oggi il punto di svolta della storia messicana contemporanea. Accennare brevemente alla suo significato contribuirà a comprendere meglio le vicende inerenti il Zapata politico, militare, rivoluzionario, guerrigliero, anti-eroe contadino ed anarchico.
Al tramonto del regime trentennale di Porfirio Díaz (periodo della storia messicana noto come “porfiriato”, 1876-1911), quest’ultimo non era riuscito a delineare un successore in grado di raccoglierne l’eredità politica. Ne seguì una lotta al potere di vaste dimensioni, che coinvolse quasi tutti i ceti sociali del paese. Classe media, ceto dirigente, contadini, proletariato, lavoratori in generale; chiunque in un modo o nell’altro partecipò. Senza scendere nel dettaglio, perché non è ciò che interessa in questa sede, si può affermare come nell’arco di 10 anni si siano confrontate da una parte una forza rivoluzionaria (talvolta scissa in più anime, anche contrapposte) e dall’altra una forza controrivoluzionaria (magari più coesa, ma decisamente meno popolare).
Tra le forze rivoluzionarie inquadriamo Emiliano Zapata Salazar, nato in umilissime condizioni nel 1879 e salito alla ribalta politica solamente nel 1909. Nel suddetto anno divenne sindaco di Anenecuilco, il suo paese natale nello stato centromeridionale di Morelos. Il problema principale nell’area di sua competenza era la ridistribuzione delle terre, in mano a pochi proprietari terrieri, sfruttatori della manodopera e privi di una sensibilità nei confronti dei braccianti, i quali a loro volta reclamavano una minima dignità sociale e lavorativa. In realtà questo minuscolo spaccato di vita quotidiana nel piccolo stato messicano di Morelos era paradigmatico dell’intera condizione nazionale. Per vie legali Zapata fallì, così nel 1910 optò per la lotta armata, divenendo il punto di riferimento assoluto per il sud del paese.
La posizione di rilievo lo portò a confrontarsi con altre anime “oppositrici” del porfiriato e del suo lascito ideologico. Ci fu ad esempio un avvicinamento con Francisco Madero, futuro presidente dagli ideali liberali. Eppure l’incontro non fu positivo, perché nel 1911 Zapata pubblicò il famigerato “Piano di Ayala“. Il documento di fatto screditava la candidatura alla presidenza del paese di Madero. Dunque il contrasto politico tra le fazioni sfociò nell’ostilità più tragica e violenta. L’incompatibilità di Zapata con le posizioni altrui lo inimicò ai vari Madero, Victoriano Huerta, Venustiano Carranza; i cosiddetti “costituzionalisti”, lo spettro moderato della rivoluzione (che alla fine avrà la meglio sui più radicali Zapata e Villa).
Diverso fu il legame con l’altro grande rivoluzionario ed eroe popolare Pancho Villa. Certo, i due non erano proprio d’accordo su tutte le posizioni, ma potevano contare sul supporto reciproco nel momento del bisogno. Vedasi quanto successo a Città del Messico nel 1914, quando le truppe dei due leader rivoluzionari si unirono e marciarono trionfalmente per le strade della capitale.
Di fronte alla sedia presidenziale, Emiliano Zapata disse: “Non combatto per questo. Combatto per le terre, perché le restituiscano”. Detto, fatto; tornato a Morelos nel 1915, si pose a capo di un collettivo composto da intellettuali, giovani studenti di Città del Messico, zapatisti e burocrati a lui fedeli. L’obiettivo ultimo era la ridistribuzione delle terre al popolo. Sorse perciò la Comune di Morelos. L’esperimento, seppur di breve durata, rappresentò l’acme della rivoluzione zapatista. L’esercizio di una democrazia diretta ed egualitaria garantito dall’esercito del sud. Purtroppo la caduta di Villa e la nuova affermazione delle truppe carranziste gambizzarono il progetto di Emiliano Zapata.
Ritiratosi nel profondo sud messicano, Zapata continuò la sua azione sovversiva sottoforma di guerriglia. Il 10 aprile 1919 un commando apparentemente alleato lo attirò in un’imboscata, assassinandolo e ponendo fine all’esperienza zapatista. Il mandante dell’omicidio fu lo stesso Venustiano Carranza, esponente della fazione costituzionalista della rivoluzione e futuro presidente del Messico.