La mattina del 30 giugno 1908, nell’allora Impero Russo, lungo le rive del fiume Tungsuka, si consumò uno dei più grandi misteri degli ultimi secoli. Nel cuore della Siberia ci fu l’esplosione del millennio, da ben 15 megatoni. Duemila chilometri di superficie interessata, diversi milioni di alberi rasi al suolo e distruzione. Ma cosa accadde realmente?
Come anticipato nel titolo, si tratta di un evento a dir poco misterioso. Non vi sono reperti e ritrovamenti in grado di fornire descrizioni accurate dell’evento. Abbiamo le registrazione sismiche e quelle barometriche dell’epoca che ci permettono di dare un’orario preciso all’evento. Alle 7:14:28 locali avvenne lo scoppio, sentito fino circa mille chilometri di distanza dalle rive del Tungsuka.
Chiaramente, come al solito, poche prove = molta fantasia. Si diffusero le teorie più disparate, molte legate alla fantascienza, altre con una base scientifica. Ci fu chi ipotizzò che si trattò dell’incipit di un attacco alieno che avrebbe, con tale modus operandi, raso al suolo la Terra tutta. Altri sostennero l’idea di una cometa.
Quest’ultima era una teoria più probabile, supportata da alcuni eventi peculiari che seguirono l’evento. Nelle notti immediatamente successive a quel 30 giugno, il cielo sopra la taiga russa si illuminava di strani bagliori che riportavano la mente all’ipotesi della cometa. Il fatto strano era ancora una volta l’assenza di reperti di ogni genere.
Insomma, l’impatto del millennio ancora non ha una spiegazione fondata e ragionevole. A fornirla ci provano però dei ricercatori italiani: Mario Di Martino, Giovanna Stirpe e Albino Carbognani, che per primo si è lanciato nel progetto. L’idea dello studio è molto ragionevole e prende in considerazione un evento molto particolare: la possibilità che il meteorite sia rimbalzato e si trovi sepolto ora nella taiga, almeno in frammenti.
Quest’ipotesi non è infatti per nulla remota, e secondo accurati calcoli del team varrebbe la pena scavare a 11 km a nord-ovest della zona di collisione. Una ricerca italiana e dei ricercatori italiani potrebbero così risolvere uno dei misteri più intriganti dell’ultimo secolo, o lasciare ancora più spazio all’immaginazione.