Con un margine di errore che non si può ignorare vista la scarsità di fonti a riguardo, si può comunque dire come dal 300 a.C. al 450 d.C. circa sia esistita una confederazione di tribù nomadi a nord delle steppe cinesi (odierni territori della Siberia russa, dello Xinjiang, della Mongolia e del Gansu) in grado di imporsi come potenza regionale. Gli Xiongnu – questo il nome con i quali i cinesi usavano riferirsi alla sopracitata confederazione tribale – giocarono un ruolo essenziale nello scacchiere politico, economico e militare dell’Asia centrale nel corso di otto secoli. Per inquadrare ancor meglio il loro “peso specifico”, ci basti sapere come gli stati cinesi del nord, in risposta alle continue incursioni provenienti dalle pianure altaiche, iniziarono ad erigere barriere lungo tutto il confine. L’unione di queste strutture difensive avrebbe comportato la nascita della Grande Muraglia. Detto ciò, chiediamoci: cosa sappiamo di questo sconosciuto impero?
L’originaria identità etnica degli Xiongnu è tutt’oggi fonte di dibattito accademico. La maggior parte delle informazioni sul loro conto proviene da documenti in lingua sinica successivamente translitterati. Del loro vocabolario sono pervenute circa una ventina di parole e solamente una frase di senso compiuto. Secondo gli studi più recenti, il nucleo etnico andrebbe rintracciato in aree come quella mongola, turca, iranica o ienisseiana.
Gli antichi resoconti storici cinesi raccontano un’altra versione ancora. Stando a tali fonti, gli Xiongnu discenderebbero dall’ultimo capo clan della dinastia cinese Xia (2195 a.C. – 1675 a.C.). Spostandoci al dato prettamente cronologico (tutt’altro che concreto e anzi, ancor più aleatorio) le cronache indicano tale Modu Chanyu come capo supremo della prima confederazione Xiongnu. Chanyu avrebbe riunito tutte le tribù dell’area precedentemente citata, formando un “impero” militarmente forte, strategicamente preparato, politicamente uniformato. Descrizione da prendere con le pinze; lo ripeto per non cadere in fraintendimenti. La frammentazione delle fonti non aiuta in una comprensione accurata del sistema confederativo e delle regole vigenti in esso.
Su una cosa però possiamo permetterci il lusso di “mettere la mano sul fuoco”: l’influenza della cultura cinese. Nell’impero semi-nomade si costruiva seguendo lo stile architettonico cinese; i più ricchi vestivano di seta; le tecniche agricole erano quelle tipicamente utilizzate a sud dei monti Altaj. Modu Chanyu diede vita ad una linea dinastica, alla quale spettò il trono della confederazione. Ovviamente quest’ultima, non essendo per l’appunto un vero e proprio regno, si reggeva sul sostegno e il consenso degli vari capi clan e sul supporto militare che ognuno era tenuto – ma non obbligato – a fornire.
Delle stime abbastanza credibili lasciano intendere la maestosità che l’impero nomade raggiunse in termini di estensione territoriale nella prima metà del II secolo a.C. Nel 179 a.C. (alcune fonti dicono 176 a.C. ma cambia poco) la confederazione altaica raggiunse quasi i 9 milioni km². Un confronto: nessuno tra i grandi imperi cinese, achemenide o sasanide toccò queste grandezze.
Irrimediabilmente, presentandosi a tutti gli effetti come potenza regionale di primo ordine, non mancarono conflitti con i vicini: Cina su tutti. Nel 129 a.C. la dinastia Han scese in guerra con l’impero Xiongnu. Lo fece avvalendosi di un solido sistema di alleanze (ciò è indicativo del potenziale bellico dell’impero nomade). La guerra alla fine arrise agli Han, che però soffrirono e non poco il confronto con gli Xiongnu. Ad esempio le tribù della confederazione garantivano un miglior supporto logistico rispetto alla macchina da guerra cinese.
L’impero andò progressivamente sfaldandosi a causa di dissidi interni. Un clan della confederazione, noto col nome di Wusun, prevalse militarmente sul potere “centrale”, segnando di fatto l’inizio della fine per gli Xiongnu. Ciò accadde tra I secolo a.C. e I secolo d.C. La società e il sistema confederativo sopravvissero per qualche secolo ancora, ma senza avere più voce in capitolo sulle questioni politiche dell’Asia centrale.