Almanacco del 5 aprile, anno 1945: un bombardamento alleato colpisce duramente la città di Alessandria, già inerme spettatrice di simili incursioni aeree avvenute durante i precedenti anni di guerra. Il bilancio delle vittime fu terrificante; la distruzione causata sconvolgente. L’episodio, se inquadrato nel contesto bellico generale, oramai segnato dalla schiacciante vittoria alleata e dal confuso ritiro delle truppe tedesche, creò ancor più sdegno. Non a caso il sentimento di protesta fu tale che persino il CLN giunse ad inviare una lettera di rimostranza al Comando Alleato di stanza in Italia.
I primi d’aprile del ’45 portavano in grembo una solida certezza: la linea gotica, ultimo tratto difensivo della Wehrmacht, si era dissolta. Gli uomini del Reich – così come i pochi accodati ancora fedeli ad una causa non solo defunta, ma anche sepolta – avevano l’ordine di ritirarsi, attraversando la pianura padana da sud a nord. Alessandria poteva tramutarsi in uno snodo strategico fondamentale. La tappa piemontese apriva la strada a Valenza, da lì i tedeschi avrebbero attraversato il Po. Solo in seguito avrebbero potuto raggiungere i punti di prelievo per il ritorno in patria. Il Comando Alleato pianificò dunque il bombardamento di Alessandria. Un’azione di sbarramento, volta ad ostacolare la ritirata delle truppe in divisa color cenere.
Ma se queste furono le motivazioni dell’operazione anglo-americana svoltasi il 5 aprile del 1945, è bene sottolineare, prima di proseguire nella narrazione, come il capoluogo di provincia conoscesse già molto bene l’esperienza. Il primo in assoluto avvenne nel giugno del 1940; esso causò la morte di una trentina di persone, tra cui tre bambini. Negli anni a seguire gli obiettivi alleati furono altri: Torino, Milano e Genova. Nel ’44 gli esplosivi tuonarono di nuovo, questa volta con una violenza mai vista prima. Nella domenica dell’Ascensione (30 aprile) i quadrimotori inglesi sganciarono bombe su tutto il centro urbano. 239 vittime e tanta, troppa devastazione.
I raid aerei continuarono quasi per tutto l’anno, almeno fino a settembre. Poi la quiete, la speranza che i bombardamenti appartenessero ad un passato che mai più sarebbe ritornato ad essere “presente”. Speranze disattese il 5 aprile 1945.
A nemmeno un mese dal termine della guerra, almeno in Italia, una sortita diurna fece cadere sull’abitato alessandrino un quantitativo di esplosivi tale da distruggere 45 abitazioni, renderne inabitabili quasi un migliaio, danneggiare ulteriormente il Duomo e la piazza antistante. Il triste emblema di quell’attacco definito a più riprese “vigliacco” fu la distruzione dell’asilo in Via Gagliaudo. Vi trovarono la morte in quaranta tra bambini e suore. Essi si aggiunsero ai 120 complessivi contati dopo il raid. 600 circa i feriti.
Quello di Alessandria fu l’ultimo grande bombardamento sul suolo italiano (ma non l’ultimo in assoluto; incursioni a bassa quota perdurarono almeno fino al 24 aprile). Al termine del secondo conflitto mondiale, la città-martire contò complessivamente 522 abitanti in meno. Annualmente l’amministrazione comunale ricorda gli eventi del 5 aprile 1945 per onorare la memoria di tutti coloro che trovarono la morte solo ed esclusivamente a causa di un ingiustificato eccesso di zelo.