Può un’antica villa romana, abitata almeno fino al IV secolo d.C., riposare sotto un campo da rugby e tornare alla luce quasi per caso? L’archeologia è anche questo, forse è per tale ragione che in tanti – ed io ne sono parte integrante – hanno un debole per lei. Il caso odierno ci fa viaggiare fino alla terra d’Albione, esattamente a Lockleaze, South Gloucestershire, non lontano dalla ben più nota Bristol. Operazioni di ristrutturazione e ammodernamento condotti su un complesso sportivo hanno condotto alla classica scoperta inattesa: i resti di una villa romana costruita nel I secolo d.C. e attiva (vedremo in seguito in che senso) fino al IV secolo inoltrato. Tra fango e pietre gli esperti hanno scovato un oggetto decisamente enigmatico. Il manufatto, inizialmente frainteso, ha rivelato dopo accurate analisi la sua reale funzione. Nel tentativo maldestro di creare suspense, arriveremo al succo della scoperta per gradi.
Cotswold Archeology, ovvero l’ente archeologico responsabile degli scavi nel circondario di Bristol, ha rilasciato delle dichiarazioni molto interessati in merito. Un portavoce afferma come la villa romana scoperta sia dotata di terme private, sistema radiante a pavimento, altresì di strutture secondarie in cui poter svolgere mansioni di tipo agricolo e artigianale. Stando alle dichiarazioni, emerge un ricco quadro “evolutivo” riferito alla vita della domus patrizia. Essa andò ampliandosi nel corso di due secoli e mezzo (anche tre) di esistenza. E se prima ci si è soffermati sul termine “attività” un motivo ci sarà.
Sembra che il complesso abitativo fosse in realtà un centro produttivo, delimitato a partire dal III secolo da recinzioni in pietra. Sebbene sia affascinante attirare lo sguardo degli interessati sui pregevoli elementi architettonici riscontrabili nell’area termale o sulla comprensione del meccanismo dietro l’avanzato (per i tempi, naturalmente) sistema di riscaldamento, il focus deve rivolgersi altrove. Sono le ali edilizie della villa romana ad interessarci. Qui gli archeologi hanno rinvenuto alcuni oggetti preziosissimi. Uno in particolare ha celato la propria reale funzione fino a poco tempo fa.
L’oggetto del mistero, se così si può definire, una volta pulito, levigato ed analizzato, ha rivelato al mondo la sua identità. Si tratta della testa bronzea di un leone, probabilmente decorazione per un mobile. Anche possibile fosse parte di una spilla o di un anello. La datazione inquadra la realizzazione del manufatto tra il I e il II secolo d.C.
Oltre al capo leonino, di cui finalmente si conosce la funzione decorativa, gli operatori del Cotswold Archeology hanno ritrovato una splendida lampada in bronzo e piombo, dalle sembianze antropiche e più di 300 monete coniate nell’arco di tre secoli. Oltre a ciò non sono mancati resti ossei animali e frammenti di ceramiche.
Da non ignorare il rinvenimento di una tomba con all’interno un individuo sepolto in posizione supina. Adagiati sui piedi dell’uomo vi erano dei chiodi. Tuttavia i ricercatori non hanno riscontrato segni o indizi sulla presenza di un cimitero. Gli scavi di Lockleaze sono ancora in corso. Attendiamo ulteriori risvolti, accontentandoci fino ad allora delle già “succulenti” novità archeologiche, teste di leone a parte.