Ok, non sarà Hernán Cortés o Francisco Pizarro, che per fama (anche pessima) non hanno praticamente eguali quando si discute di conquistadores, ma anche il tedesco Nikolaus Federmann può dire la sua in merito, soprattutto per quelle che furono le avventure e le vicende inaudite che contraddistinsero la sregolata vita dell’esploratore, nonché navigatore e mercenario originario di Ulm, terra di Germania. Offrire uno spaccato di questa esistenza un po’ al limite è la mia volontà, spero sia di vostro gradimento. Iniziamo!
Come spesso accade per personaggi dalla medesima caratura, dei primi anni di Federmann non sappiamo nulla; tutte le fonti, ad eccezione di quelle anagrafiche, tacciono in tal senso. Nikolaus nacque ad Ulm (Ulma per noi italiani) intorno al 1505. In modi sconosciuti a noi umani del XXI secolo, a cavallo tra anni ’20 e anni ’30 del Cinquecento l’uomo riuscì ad avvicinarsi all’importantissima famiglia Welser, banchieri finanziatori della corona asburgica e per questo possessori di innumerevoli privilegi, soprattutto territoriali, concessi da Carlo V. Il sacro romano imperatore contrasse un enorme debito con i Welser (ma anche con i Fugger, altra famiglia di banchieri tedeschi, forse più noti). Per risanarlo concesse loro dei possedimenti nell’allora Kolonie der Klein Venedig, ovvero la Colonia della Piccola Venezia (oggi Venezuela).
L’amministrazione tedesca fece il suo esordio nel 1528, mettendo in chiaro fin da subito come lì si sarebbe guadagnato non tanto per vie commerciali o per i dazi doganali, ma grazie alla tratta degli schiavi, super remunerativa. Sebbene rivendicassero una concessione temporanea del territorio sudamericano, i Welser vollero comunque approfondire l’esplorazione del possedimento. Ed ecco che nel 1529 entrò in gioco il nostro Nikolaus Federmann.
Prima di proseguire è necessario cimentarsi per un millisecondo sulle fonti, altrimenti non potremmo capire come queste informazioni siano giunte sino a noi. Il conquistador di Ulm scrisse e conservò un diario incentrato su quasi tutte le sue avventure a partire dal 1529. Il cognato Juan Kiefhaber recuperò questi scritti sottoforma di resoconto. Egli decise quindi di redigere un libro sulle esplorazioni di Federmann; la prima edizione del testo risale al 1557, ma sono le traduzioni in francese (1837) e in spagnolo (1916) a risultare fondamentali per l’analisi critica di quanto accaduto all’esploratore. Su quest’ultimi due documenti si basa tutto ciò che sappiamo di Nikolaus Federmann.
Detto ciò, andiamo avanti. Così Federmann assieme ad un corposo gruppo di coloni e minatori partì da Siviglia per raggiungere il Nuovo Mondo. Attraccato a Coro (oggi Venezuela), il governatore per conto dei Welser, tale Ambrosius Ehinger, lo nominò suo vice. Non passò molto tempo prima che la promozione si ripresentasse in vesti più insigni. Quando Ehinger nel 1530 si recò sull’isola di Hispaniola per motivi di salute, concesse il governatorato della Piccola Venezia all’esploratore giunto solo un anno prima. Evidentemente Federmann era un uomo fidato, oltre che capace.
Spinto da chissà quale spirito intraprendente, il conquistador organizzò una spedizione non autorizzata verso ovest. L’obiettivo della traversata era quello di trovare una strada che dal Venezuela conducesse al cosiddetto “mare meridionale”, ovvero l’Oceano Pacifico. Chiaramente il fine ultimo era di carattere economico; se avesse avuto successo, Federmann sarebbe stato il primo a superare il fiume Orinoco e stabilire una nuova rotta commerciale con le Indie Orientali. Purtroppo per lui, la missione si concluse con un nulla di fatto: non solo perse la metà degli uomini con i quali era partito (erano in 230 circa), ma al suo ritorno si beccò una strigliata esemplare. Il redivivo governatore Ambrosius Ehinger prima lo sospese dal servizio, poi lo bandì direttamente dall’Europa per quattro anni.
Il colpo fu duro da digerire, perché in quegli anni gli spietati tedeschi, tra lo smercio di schiavi e una spiccata pressione fiscale sui domini, ebbero il tempo di interessarsi ad una leggenda immortale: la città di El Dorado. La prima spedizione la condusse nel 1531 proprio Ehinger, ma niente, fu un fallimento. Addirittura il governatore vi trovò la morte per mano degli indigeni. Indovinate chi ci riprovò una seconda volta? Esatto, Nikolaus Federmann. Quest’ultimo, di ritorno da Augsburg (Augusta), organizzò una nuova impresa cinque anni dopo la prima. Durante il cammino l’avventuriero del Baden-Württemberg fece un po’ di tutto (tranne trovare l’El Dorado, chiaramente). Incontrò culture avanzate come i Chibcha; attraversò i ghiacci delle Ande settentrionali, fondò e rifondò città – rispettivamente Riohacha e Bogotà.
Ma quelle avventure, dispendiose oltre misura e poco fruttuose in termini economici, stavano per terminare. L’ultima spedizione a conduzione Welser terminò nel 1546, quando gli spagnoli (sempre sotto Carlo V) rivendicarono il controllo della Piccola Venezia. Le pressioni furono tali che il trattato di concessione venne rivisitato in sfavore dell’illustre famiglia. L’ultimo governatore tedesco venne imprigionato, processato e condannato a morte. Terminò l’egemonia germanica in Venezuela. E il nostro Federmann? Beh, lui che di quell’ingranaggio fece parte, cercò di sfuggire alla persecuzione politica, ma non vi riuscì. Per salvarsi la faccia e scaricare colpe altrove, i Welser lo citarono in causa per corruzione, infedeltà e sottrazione indebita, conducendolo di fronte al Consiglio delle Indie a Valladolid nel 1541. A nulla servì la difesa dell’imputato. L’inquisizione aggiunse il carico da novanta, accusandolo di essere luterano. Il conquistador morì in circostanze mai più chiarite un anno dopo, nel febbraio del 1542.