Siamo in Germania, nella città di Schelklingen, situata nel land del Baden-Württemberg , vicino a Ulm, e se questi nomi non vi dicono nulla, la scoperta di cui parleremo attirerà di sicuro la vostra attenzione. Un cilindro rastremato in cima e con una linea incisa risalente ad un epoca remotissima. Pensate, stiamo parlando di ben 28 mila anni fa!
La grotta tedesca all’interno della quale il reperto giaceva era già stata al centro dell’attenzione con numerose altre scoperte. Fra queste annoveriamo esempi antichissimi di arte del Paleolitico superiore. L’Hohle Fels, luogo del ritrovamento, diventa così patrimonio dell’UNESCO nel 2017, per tutelare le immense ricchezze archeologiche che contiene e che aspettano di rivedere la luce.
Fra gli esempi di arte paleolitica sopra citati ricordiamo soprattutto una scultura preistorica di un uccello d’avorio ed un’altra rappresentazione peculiare. Si tratta di una statuetta di ibrido uomo-leone alta solo 2,5 cm ma di un’importanza stratosferica. Fa parte di tale lista, obbligatoriamente, anche la Venere di Hohle Fels.
Quest’ultima ha una datazione ancora antecedente rispetto a quella degli altri reperti. Gli studiosi e gli strumenti di classificazione danno un dato approssimativo tra 35.000 e 45.000 anni fa. Pensate che si tratta della più antica statuetta di Venere mai ritrovata! Nelle grotte vicine c’erano poi due frammenti di flauto d’avorio ed un flauto d’osso.
Quest’ultimi ritrovamenti citati ci permettono di ricollegarci al cilindro protagonista odierno. Si potrebbe trattare, come sopra detto, di uno strumento musicale antichissimo. Probabilmente si tratta di una replica di una parte anatomica umana e fu intagliato in siltite, ovvero un tipo di roccia sedimentaria appartenente alla famiglia delle rocce clastiche.
Si trattava probabilmente di uno dei primi strumenti di gestione programmata delle pulsioni. Mentre i flauti d’avorio e di osso sono datati a 35 mila anni fa, e sono fra gli strumenti più antichi mai ritrovati, questo cilindretto è leggermente più recente. Ciò non sminuisce minimamente il suo valore, né tantomeno quello della grotta in sé, sperando che continui a regalarci ritrovamenti del genere.