L’estrema siccità, micidiale per alcune regioni interne del Brasile durante gli ultimi mesi dello scorso anno, ha rivelato antiche tracce di “un’arte sommersa”. Seguendo la logica dei ritrovamenti in Canada a seguito dello scioglimento dei ghiacci o delle scoperte tra i fiordi norvegesi, sempre meno protetti dal permafrost, anche la regione amazzonica, prima vittima di questo cataclisma di cui ne ignoriamo volontariamente l’entità, finisce per mostrare qualcosa all’infuori dell’ordinario (ma a che prezzo? n.d.r.). Si tratta di misteriose incisioni umane, presenti su alcuni massi fino ad ora sommersi dalle acque fluviali del Rio delle Amazzoni. Approfondiamo assieme i dettagli della scoperta.
Il mix letale posto in essere dal cambiamento climatico e dal fenomeno meteorologico noto come “El Niño” ha isolato gran parte delle comunità autoctone situate nel lato settentrionale del paese, devastando altresì la flora e la fauna locale.
All’altezza di Ponto das Lajes, luogo di convergenza per le acque degli affluenti Rio Negro e Solimoes, il livello dell’acqua è sceso di 13,5 metri. Da quando esiste un registro per le misurazioni annuali, ovvero da 121 anni, questo è livello più basso mai raggiunto. Delle rocce hanno rivisto la luce del sole dopo millenni di oblio, rivelando incisioni umane a dir poco misteriose, o per meglio dire, affascinanti.
Ad essere onesti, si sapeva della loro (parziale) esistenza già dal 2010, quando il livello del Rio Negro calò vertiginosamente. Tuttavia non si poteva immaginare una tale molteplicità di incisioni umane di tipo rupestre. Il ricercatore Jaime de Santana Oliveira, intervenuto in loco per analizzare i petroglifi, ha commentato così l’entità della notizia: “Le incisioni sono preistoriche o precoloniali. Non possiamo datarle con esattezza, ma in base alle prove dell’occupazione umana dell’area, riteniamo che risalgano a circa 1.000 o 2.000 anni fa”.
In un’area specifica gli archeologi hanno notato delle scanalature lisce sulla roccia; si pensa come quest’ultime servissero alle popolazioni indigene per lavorare le punta di frecce e lance. Tutto ciò in epoca precolombiana, ovviamente. L’esperto che lavora per l’Istituto nazionale del patrimonio storico e artistico (IPHAN) aggiunge: “Questa volta non abbiamo trovato solo altre incisioni, ma la sagoma di un volto umano inciso nella roccia”.
Oliveira è chiamato alla sovrintendenza del sito artistico-archeologico, ma è il medesimo ad ammettere la difficoltà del compito. I petroglifi hanno attirato molta attenzione tra curiosi e passanti; c’è timore su un loro possibile danneggiamento. Anche se il danno, se posto in relazione con ciò che sta accadendo al nostro pianeta, passa purtroppo in secondo piano.