All’altezza del 79° parallelo, mille chilometri a sud rispetto al polo nord, c’è l’arcipelago delle Svalbard. Luogo magnifico, dal fascino originale, anche un po’ inquietante. Sull’isola di Spitsbergen (la più estesa dell’aggregato) sopravvive alle impervie del gelo e del tempo una città fantasma (o quasi) dall’interessantissimo trascorso storico, soprattutto recente. Il suo nome è Pyramiden e oggi sono qui per raccontarvi la storia di questo avamposto umano a dir poco estremo, situato nel cuore dell’Artico, a lungo ritenuto il modello dello standard socio-comunitario sovietico.
Le vicende inerenti Pyramiden hanno origine nel 1910, quando un gruppo di minatori svedesi scoprì sotto una grande montagna a forma di piramide dei voluminosi giacimenti carboniferi. Fu allora che sorsero le prime strutture per l’estrazione del carbone, nonché i rudimentali edifici per le necessità primarie. La vita lassù era tediosa e gli svedesi pensarono che il gioco non valesse la candela. Nel 1927 la compagnia sovietica Russkij Grumant acquistò i diritti sull’estrazione mineraria del posto. La concessione durò solo tre anni perché passò nel 1930 ad un’altra compagine russa, la Arktikugol. Quest’ultima restò sull’isola addirittura fino al 1991, operando in rispetto del Trattato delle Svalbard. Esso, pur riconoscendo la sovranità norvegese sull’arcipelago, permetteva ogni operazione internazionale di carattere economico-commerciale.
L’Arktikugol continuò il processo di urbanizzazione attorno i siti estrattivi. Tuttavia l’URSS sfruttò l’isola come avamposto militare durante la Seconda Guerra Mondiale. Lo status invogliò i tedeschi a bombardare l’isola, danneggiando anche in modo notevole l’insediamento di Pyramiden. Dalle ceneri di quell’affazzonato agglomerato di edifici, l’Unione Sovietica del secondo dopoguerra fece sorgere un nuovo tipo di città, che nelle idee degli architetti doveva assurgere a modello rappresentativo degli standard sociali e comunitari propagandati dal regime. Pyramiden si dotò quindi di un asilo, una scuola elementare, una piscina, un ospedale dotato di attrezzature chirurgiche avanzate, e ancora una biblioteca ricca di volumi (più di 50.000 secondo le stime dell’epoca), un teatro, un cinema e delle palestre dignitosamente attrezzate.
Tra anni ’50 e anni ’80 il numero di abitanti a godere di tali servizi superò costantemente le mille unità. Le case operaie non erano munite di cucina, perché a soddisfare la necessità di sostentamento era una grande mensa comune. Di fatto la città vantava tre complessi abitativi: “Londra” per gli uomini celibi; “Parigi” per le donne nubili; “Crazy House” per i nuclei familiari. Addirittura nella piazza centrale aprì un distaccamento operativo del KGB. La particolarità più grande di Pyramiden (anche questa una mossa propagandistica dell’URSS rivolta all’estero) era il fatto di essere una città sovietica visitabile senza visto d’ingresso. Una cosa sensazionale se si pensa alla regolamentazione vigente in tutti gli altri territori soggetti alle direttive di Mosca.
E in effetti Mosca poteva vantarsi in un certo qual modo della produttività di Pyramiden. I piani produttivi redatti dal 1955 al 1998 indicano l’estrazione complessiva di 9 milioni di tonnellate di carbone. Tuttavia i giacimenti per loro natura risultavano essere frammentati e di difficile sfruttamento; la produzione progressivamente rallentò prima di cessare completamente a metà degli anni ’90. A segnare in modo incisivo la decadenza dell’insediamento fu l’interruzione dei finanziamenti da parte della neonata Federazione Russa e un incidente aereo che fece registrare 130 vittime tra i membri della comunità di Pyramiden.
L’abbandono definitivo dell’insediamento avvenne nel 1998, quando ai 300 abitanti rimasti vennero dati quattro mesi di tempo per fare i bagagli e trasferirsi altrove. Da allora nella città si alternano 6 guardiani con il compito di supervisionare le strutture rimaste in piedi. Piccola curiosità prima di lasciarci. Le bassissime temperature garantirebbero, almeno secondo gli esperti, un’ottimale conservazione degli edifici costruiti a Pyramiden. Questi potrebbero potenzialmente restare in piedi per 500 anni in totale assenza di manutenzione. La stima rende l’ex insediamento sovietico nelle isole Svalbard l’ultima traccia umana a deteriorarsi sulla faccia della terra.