Ricordate il sito archeologico di Çatalhöyük? Ve ne parlai in occasione del ritrovamento di un’importante statuetta neolitica plurimillenaria. Ecco, l’area di interesse situata non troppo lontano dalla città anatolica di Konya torna a far parlare di sé, questa volta sconvolgendo (in positivo, si spera) una platea ancor più grande di persone. Gli archeologi hanno infatti rinvenuto una pagnotta di pane vecchia, vecchissima, antica se preferite. Ha 8.600 anni ed è una rarissima testimonianza organica del periodo neolitico locale.
I primi a realizzare delle approfondite analisi in laboratorio sul reperto sono stati gli operatori del Centro di ricerca e applicazione della scienza e della tecnologia dell’Università di Necmettin Erbakan. Dai risultati dell’indagine si possono ricavare informazioni di tutto rispetto.
Ad esempio si scopre come la pagnotta di pane abbia conosciuto un arcaico e classico processo di fermentazione. Ciò testimonierebbe una differenziazione culinaria di carattere preparativo con evidenze simili provenienti però dall’Antico Egitto, terra in cui si prediligeva la lievitazione – a cui tra l’altro siamo abituati anche noi.
Lo studio non ha mancato di evidenziare la centralità del posto in cui gli esperti hanno rinvenuto la pagnotta di pane. Nell’area denominata “Mekan 66” essi si sono imbattuti in tracce strutturali ravvisabili in un forno dell’antichità. Ad avvalorare la già forte ipotesi ci sarebbero residui di orzo, cereali e semi di pisello. Ovviamente, la catalogazione comprende anche il nostro pezzo di pane. Questo è grosso più o meno quanto il palmo di una mano di un adulto di media stazza.
“L’archeologia moderna sta lavorando anche sulla branca di ricerca dedicata al cibo. Nel contesto di tale ricerca Çatalhöyük è una delle tappe più importanti, come dimostrato. È un ritrovamento recente, perciò ancora al vaglio degli studiosi. Tuttavia si può affermare come, almeno per quel che riguarda gli scavi turchi, il rinvenimento organico di ‘Mekan 66’ rappresenti un unicum.” – Afferma Ali Umut Türkcan, responsabile della ricerca per l’Università di Anadolu.
Türkcan svela anche il motivo grazie al quale i resti organici hanno conosciuto una così prolungata – e ottimale – conservazione. Il ricercatore prosegue nelle dichiarazioni: “Il fatto che la struttura fosse ricoperta da un sottile l’argilla ha permesso il ritrovamento di tutti questi resti organici. La patina argillosa, che rivestiva tanto i legamenti in legno del forno quanto il materiale (non più, n.d.r.) commestibile, è quindi la principale ragione del processo conservativo. I test al radiocarbonio effettuati hanno dimostrato come il nostro campione potrebbe risalire al 6.600 a.C. circa”.